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Eco-ansia? Se per curarla bisogna votare il Pd: uno strano decalogo

Alberto Busacca
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Ormai se non hai un po’ di ecoansia non sei nessuno. Fino a qualche giorno fa la maggioranza degli italiani non l’aveva mai sentita nominare. Ma ora è sulla bocca di tutti. E bisogna schierarsi: o sei un negazionista climatico o devi diventare ecoansioso. Com’era inevitabile, poi, insieme all’ecoansia sono arrivati gli esperti di ecoansia. Che ci spiegano perché viene, chi colpisce e, soprattutto, come ci si convive.

Ieri, sulla prima pagina della Stampa, c’era un pezzo particolarmente istruttivo. Titolo: “Cura per l’ecoansia”. Occhiello: “Come battere le paure del cambiamento climatico”. Il pezzo, all’interno, era il classico decalogo, consigli utili per vivere meglio senza farsi travolgere dallo sconforto ecologico. A parte le cose più scontate, come l’invito a non vergognarsi e a parlarne con amici e parenti, «dialogando anche con i negazionisti», molto interessanti sono il punto 3 e il punto 6.
Leggiamo.

LA POLITICA
«Punto 3: lavoro di squadra. Associazionismo ed eventi pubblici sono momenti per sentirsi meno soli e fare la differenza». «Punto 6: influenzare la politica. Il voto è il nostro strumento più forte per salvare il Pianeta. Ma anche la partecipazione a livello locale». Tutto chiaro, no? Se vuoi farti passare l’ecoansia non devi prendere nessuna pastiglia (che tra l’altro inquina), basta iscriversi ad un’associazione ambientalista e andare a votare per i partiti giusti. Quali? Bé, quelli che magari non fanno nulla di concreto per l’ambiente ma parlano sempre di lotta al cambiamento climatico e al relativo negazionismo. Il Partito democratico della Schlein, per esempio, ma presumibilmente vanno bene anche Fratoianni e Bonelli. La sinistra terapeutica...

 

Interessante, poi, anche il punto 7. Eccolo: «Guardare oltre la siepe. Per alcuni l’ecoansia è un privilegio: chi vive in zone più vulnerabili del mondo non ha tempo di preoccuparsi, ma deve solo salvarsi. Guardiamo gli altri per mettere in proporzione le nostre paure». Già, questo è verissimo: l’ecoansia è un problema che riguarda in gran parte i più fortunati e i più benestanti del pianeta. Anche se va detto che consolarsi guardando chi sta peggio non è quasi mai una grande soluzione...

Per chi vuole saperne di più, infine, c’è l’Associazione italiana ansia da cambiamento climatico. Che si occupa, come si legge nel sito, di «psicologia ambientale», cioè, appunto, di «come affrontare consapevolmente gli effetti del cambiamento climatico». E qui, tra l’altro, scopriamo che chi ha l’ecoansia non deve avere fretta di farsela passare. «AIACC», si legge, «promuove una campagna costruttiva e responsabilizzante, rivolta ad ogni singolo individuo. Proponiamo lo slogan “io c’ho l’ecoansia” perché questa emozione non va nascosta, bensì incoraggiata.

Provare ecoansia è un prezzo necessario se vogliamo essere consapevoli di ciò che sta accadendo. Solo attraverso questa consapevolezza emotiva saremo in grado di modificare i nostri comportamenti quotidiani, rendendoli sempre più pro-ambientali». E ancora: «Una modifica corale del modo di pensare porterà a vivere in modo consapevole e rispettoso. Solo tramite questa necessaria modifica potrà essere garantito ai nostri figli e alla Natura il futuro che meritano». Insomma, con l’ecoansia si può vivere benissimo. A patto, naturalmente, di fare qualche manifestazione e di votare Pd...

LA PAURA
Ps: da anni ci dicono che i partiti di destra sono orribili perché sfruttano le paure della gente, prima fra tutte quella dell’immigrazione clandestina, al solo scopo di prendere qualche voto in più. La stessa cosa vale anche per chi sfrutta politicamente la paura del cambiamento climatico?

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