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Dossieraggio, Andrea Delmastro: "Saremo chirurgici nel punire ogni abuso"

Hoara Borselli
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«Se ho un’idea su chi c’è dietro lo scandalo dei dossier? È chiaro mi sia fatto un’idea ma ancora non sappiamo se ciò che sta emergendo è fondato. Dobbiamo attendere». Inizia così l’intervista ad Andrea Delmastro Delle Vedove, classe ’76, deputato di Fratelli d’Italia e sottosegretario al ministero della Giustizia.

Onorevole Delmastro, il deputato Enrico Costa (Iv), ha fatto notare come il dossieraggio sia partito dagli uffici della super procura Antimafia e ha osservato che i tre ultimi super procuratori oggi siedono tutti e tre in Parlamento, due col Pd e uno con i grillini. Solo dietrologia?
«Non leggo alcuna dietrologia in quanto affermato dall’onorevole Costa».

Finirà tutto in una bolla di sapone?
«La storia dei dossier che è ancora tutta da accertare nasce da una denuncia del ministro Crosetto e ciò sta a significare che questo è un governo che non intende girare la testa di fronte a nessun evento critico della nostra Repubblica. Da garantista, ovviamente, voglio attendere gli sviluppi, ma è chiaro che se ciò che appare dai giornali, ovvero un dossieraggio con scopi non strettamente funzionali alle indagini, fosse vero, sarebbe gravissimo ed è evidente che noi dovremmo realizzare delle misure non per impedire le verifiche sui movimenti di denaro, che sono giuste, ma per impedire la stortura che sta dietro ad un atteggiamento non conforme al mandato».

Quindi modificherete il meccanismo dei controlli?
«Se sarà confermato ciò che sta emergendo saremo chirurgici nell’intervenire su ogni abuso. L’Italia è un paese dove i controlli vengono a volte usati malamente così come le intercettazioni vengono usate più per fare i titoli dei giornali che per accertare i reati».

Abuso di intercettazioni, da decenni. O sbaglio?
«E anche qui abbiamo messo mano. Tutti dicevano che avremmo tolto le intercettazioni per mafia, per corruzione, non abbiamo fatto nulla di tutto questo. Abbiamo fatto in modo con la riforma della giustizia che le intercettazioni non vengano più utilizzate per fare i titoli dei giornali ma vengano utilizzate nella sede opportuna, cioè in un processo penale».

Ragionamento che vale anche per lo scandalo dossier?
«Qui se si verificasse ciò che sembra verificarsi dovremmo garantire che questi controlli non vengano più per dossierare ma per le finalità che ha l’antimafia».

Finora l’unico indiziato è un ufficiale della Finanza. Ritiene che dietro questa vicenda ci fosse un tentativo di minare il governo?
«Non credo ci sia stata un’operazione con la finalità di minare la tenuta di questo governo. È difficile immaginare che il finanziere lo facesse per se stesso questo dossieraggio. Nostro compito sarà quello di accertare il mandante. Se fosse un dossieraggio non legittimo e su sollecitazioni, è evidente il tentativo di inquinare la vita politica italiana attraverso scorciatoie che esulano dal dibattito o dal contrasto in aula».

Un vizietto reiterato, se fosse confermato il tutto, quello di far intervenire la magistratura nella politica. Come si scardina?
«Abbiamo già fatto un intervento radicale modificando le regole sulle intercettazioni e imponendo il divieto assoluto di pubblicazione fino a quando non depositate e utilizzate nel processo penale. In questo modo si spezza un cortocircuito che secondo molti vi è stato tra procure e giornali e ha irreparabilmente leso l’onore di persone nemmeno indagate e aggredite nella loro privacy da intercettazioni senza la benché minima valenza penale».

C’è stata la solita fuga di notizie a vantaggio proprio degli stessi giornali che ebbero la soffiata quando scoppiò il caso Palamara. Un caso?
«Per la tenuta delle istituzioni, per adesso io devo sperare che sia un caso , ma non è detto che sia un caso».

Uscendo da questa vicenda, non posso non chiederle come replica alla polemica sollevata da alcuni del Pd che hanno depositato un’interrogazione parlamentare al ministro Nordio per la grigliata nel carcere di Biella alla quale lei ha partecipato.
«Se devo essere sincero mi diverte l’idea che gli stessi che si erano opposti all’idea del decreto sul reato di rave party considerino un reato imperdonabile una grigliata con la polizia. In sostanza sono gli stessi che dicono sì a tutti quelli che vengono in Italia a spacciare droga, ad occupare immobili privati, a gestire un sistema di illegalità diffusa e poi dicono no ad una grigliata con la polizia penitenziaria. Mi invita la polizia penitenziaria? Per me andare è un onore oltre che un dovere. Mio padre mi ha insegnato fin da quando andavo alle feste delle elementari che se ti invita un amico non chiedi la lista degli invitati prima di aderire. A differenza loro non sono un maleducato. Ognuno sceglie da chi andare. Io sono fiero di andare dalla penitenziaria, altri sono fieri di andare a trovare detenuti nel 41Bis». 

Onorevole, com’è oggi la condizione delle carceri italiane? 
«La condizione delle carceri italiane somma delle problematiche che stiamo brillantemente risolvendo. Il mix esclusivo è costituito da una carenza di organico che ha un preciso responsabile: legge Madia. Sommata al sovraffollamento carcerario ne rende difficile le condizioni di sicurezza. Sono stati predisposti 84 milioni di euro per realizzare otto nuovi padiglioni di edilizia penitenziaria e stiamo lavorando con i paesi terzi dando premialità a quei paesi che si impegnano ad eseguire nei paesi di provenienza eventuali sentenze penali italiane. Stiamo anche lavorando affinché detenuti per ragioni di droga possano scontare la pena in centri adibiti al recupero perché inutile impegnarli nelle carceri a svolgere mansioni se non si agisce nel cercare di curare la loro dipendenza. Sono intervenuto anche sulla spaventosa mancanza di dotazioni per la polizia penitenziaria. Acquisti massivi affinché se devono affrontare una sommossa non lo facciano più a mani nude. Avranno tutto il necessario: scudi, caschi antisommossa, maschere antigas, guanti anti taglio, giubbotti anti proiettili. Parafrasando Clinton Eastwood “l’uomo con una pistola che incontra un uomo con un fucile è un uomo morto”. Da oggi gli agenti penitenziari potranno difendersi ad armi pari».

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