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Sara Kelany contro la sinistra: "Faccia tosta, cosa scordano"

Antonio Rapisarda
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«Il vero paradosso di tutta questa storia è che i giornaloni di sinistra, accecati dall’ideologia no border, continuano a tacere sulla piaga della mafia nigeriana per tirare fuori la solita solfa del fantomatico razzismo di Giorgia Meloni. Che faccia tosta...». Per Sara Kelany, responsabile immigrazione di FdI, il «finto scoop» ripreso dai segugi di Repubblica e La Stampa – ossia l’esistenza di un libro-inchiesta sulla mafia nigeriana, vergato nel 2019 da Alessandro Meluzzi e dall’attuale premier – conferma vizi e tabù della sinistra: la cronica sottovalutazione di nuove e temibili organizzazioni criminali e l’incapacità di ammettere che l’immigrazione clandestina ne abbia facilitato l’ingresso.


Come potrebbe provocare tutto ciò imbarazzo al primo partito italiano che del contrasto a tutte le mafie, senza distinzione di nazionalità, ne ha fatto bandiera? Mistero. L’aver denunciato «prima di tutti», anche con il libro messo all’indice dal gruppo Gedi, un fenomeno finito sotto la lente della Procura nazionale antimafia, per gli esponenti di FdI, semmai, è motivo di orgoglio. «Chi si dovrebbe vergognare non è certo il premier Meloni bensì la sinistra e i suoi media», attacca la deputata italo-egiziana che può rivendicare questa posizione a tutto campo. Da avvocato esperto di fenomeni migratori e colonna dell’Ufficio studi del partito, infatti, ha prodotto documenti e dossier in serie sulla mafia nigeriana: contributi che hanno costituito la base dell’attività parlamentare del gruppo e che, in una fase in cui la letteratura sul fenomeno era alquanto spoglia, hanno anche avuto risalto internazionale, tanto da finire sul The Washington Post. «Noi per primi, durante la scorsa legislatura, sollevammo il problema – spiega –: quel lavoro di denuncia si tradusse in un emendamento con il quale chiedevamo che la commissione Antimafia si occupasse anche di mafia nigeriana». Come si comportarono a sinistra? «Bocciarono la proposta», ricorda Kelany rivendicando come in questa legislatura finalmente si è chiuso il cerchio: l’emendamento è diventato realtà.
«Anche questa volta le opposizioni hanno continuato a votare contro: nonostante le evidenze dicano che la mafia nigeriana è più che radicata qui e che collabora stabilmente con le mafie nostrane».

 

 

 

Di qui la domanda: «Chi è dunque che fa dell’ideologia su questo tema? Noi o chine nega la pervasività?». È lei stessa a fornirci il quadro: dalle tante sentenze in cui si afferma a chiare lettere non solo che la mafia nigeriana esiste ed ha caratteristiche precise, ma anche che sue diramazioni avevano trovato terreno fertile nell'allora Cara di Mineo, sino alle relazioni della Dia che ne hanno messo in luce la pericolosità e la chiara connotazione etnica. «Lanciare accuse di razzismo di fronte a queste evidenze investigative è ipocrita e assurdo – continua –. Come lo è negare che i canali dell’immigrazione irregolare sono utilizzati dalle organizzazioni anche per l’ingresso di giovani donne che vengono poi immesse nel circuito della prostituzione, psicologicamente assoggettate con macabri riti “juju”». Si discute in queste ore anche del caso Vannacci-Egonu: la pallavolista della Nazionale i cui tratti somatici, secondo il generale, non rappresentano l’italianità. Proprio la deputata italo-egiziana è stata citata dai suoi stessi colleghi di FdI, invece, come esempio di “italianissima”: «Faccio politica a destra da trent’anni e mai ho sentito fare distinzioni dovute alle mie origini. Anzi, feci tesserare pure mio padre, egiziano del Cairo, convintamente uomo di destra. Questo per dirle che sono orgogliosamente italiana ed egiziana. Sono più fortunata di molti miei colleghi, perché amo due Patrie».

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