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Elly Schlein, il sondaggio che la fa impazzire: dove è arrivata ora la Meloni

Fausto Carioti
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Ma perché il governo di centrodestra che non riesce a ridurre il numero di immigrati sbarcati sulle coste italiane (più che raddoppiati rispetto allo scorso anno) non perde un voto? Anzi: la coalizione che lo sorregge veleggia stabile sopra al 46%, oltre due punti in più rispetto al 25 settembre, quando «contrasto all’immigrazione irregolare e gestione ordinata dei flussi legali di immigrazione» (punto 6 del programma elettorale) sembravano obiettivi a portata di mano. Una domanda che assilla la sinistra, la quale ogni giorno torna sul tema, convinta di aver trovato un nervo scoperto della maggioranza. Il presidente del Pd Stefano Bonaccini, ad esempio: «Urlavano porti chiusi, ma la destra sta dimostrando manifesta incapacità nella gestione dell’immigrazione». Il ragionamento pare avere una logica: se l’esecutivo non mantiene le promesse, è solo questione di tempo prima che i suoi elettori se ne accorgano, si incavolino e gli presentino il conto.

Così, confortati dai dati degli sbarchi, a sinistra insistono, convinti che, dagli oggi e dagli domani, il consenso per i partiti di governo inizierà a sgretolarsi. In realtà la logica è solo apparente, e a sinistra farebbero bene a cercare argomenti migliori. La prima ragione è evidente, e si chiama ipocrisia. Si può accusare il governo di lasciar entrare troppi immigrati irregolari, come fanno certi esponenti e praticamente tutti gli amministratori locali del Pd, e lo si può accusare di «fare la guerra» alle navi delle ong e di essere «indifferente, cinico e disumano» dinanzi alle sorti di chi si imbarca dalla Tunisia per raggiungere l’Italia, come fanno Elly Schlein e la capogruppo dei deputati piddini Chiara Braga. Ma non lo si può accusare contemporaneamente dell’una e dell’altra cosa senza diventare ridicoli.

SENZA ALTERNATIVE
L’altra ragione è una questione di offerta politica. Anche se gli italiani delusi dal destra-centro per il mancato controllo dell’immigrazione ci sono, e sono probabilmente molti, non hanno nessun altro posto in cui andare. Un elettore che giudica troppo liberista la linea del governo Meloni può essere tentato di votare per il Pd o per i Cinque Stelle; chi vorrebbe meno ridistribuzione e politiche più liberali può fare un pensierino a Carlo Calenda; ma chi non è soddisfatto della gestione dell’immigrazione non ha alternative. Tutto ciò che è a sinistra di Forza Italia non ha alcuna speranza di rappresentare quegli italiani. Ci fosse un’opposizione di destra, alla sinistra converrebbe sfruttare l’argomento nella speranza che questa rubi voti alla coalizione di governo, indebolendola e rendendola aggredibile dal fronte Pd-M5S-cespugli rossi. Ma a destra della maggioranza non c’è nessuno e il tentativo di Gianni Alemanno è ben lontano dall’impensierirla. Anche perché l’ex sindaco di Roma ed ex ministro delle Politiche agricole è un personaggio già visto, privo di quell’aureola di novità che consentì ai grillini di cavalcare con successo l’onda anti-sistema.

L’APPROCCIO
Non solo. Purtroppo per la sinistra, una concorrenza credibile sul tema dell’immigrazione c’è, ed è interna alla maggioranza stessa. Chi ritiene troppo morbido l’approccio di Giorgia Meloni all’immigrazione irregolare e ne vorrebbe uno più muscolare può andare – o tornare – da Matteo Salvini, il quale ha fatto subito sapere di condividere la linea dura del generale Roberto Vannacci. Non sarebbe strano né nuovo, ed è il motivo per cui quella che ha vinto le elezioni è molto più di una semplice coalizione elettorale: se si chiede agli elettori di Fdi, Lega e Forza Italia quali sono le loro seconde e terze scelte, la stragrande maggioranza indica gli altri due partiti. Prima di essere un accordo politico, il centrodestra è infatti un blocco di popolo: possono cambiare i leader e le gerarchie, ma quella parte d’Italia è sempre lì che vota.

L’IPOTESI ASTENSIONE
Ci sarebbe l’astensione, certo. Chi si aspettava di vedere le navi della Marina militare bloccare i barconi e rispedirli in Africa può rifugiarsi nel non-voto, e probabilmente è questo l’effetto che vuole produrre la sinistra quando accusa il governo di non controllare i flussi migratori. Ma al momento, sondaggi alla mano, nulla fa credere che stia accadendo qualcosa di simile. I motivi non sembrano difficili da capire. Intanto il controllo dell’immigrazione, per quanto importante, non è l’unico tema che spinge alle urne gli elettori di destra: c’è il fisco, c’è la battaglia contro il green deal europeo, c’è l’esigenza di riformare la giustizia e magari pure la Costituzione, solo per citarne alcuni. E poi a molti di quegli italiani tentati dall’astensione basta sentire per un minuto ciò che sull’immigrazione hanno da dire la Schlein, o Laura Boldrini (anche lei probabile capolista alle Europee), o Pierfrancesco Majorino o Nicola Fratoianni, per convincersi a votare ancora una volta quello che non sarà garanzia assoluta di successo, ma resta di gran lunga il male minore.

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