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Giorgia Meloni a Caivano ci mette la faccia: adesso si cambia per davvero

Fausto Carioti
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La faccia di Giorgia Meloni. E tempi garantiti: «Entro la prossima primavera». La differenza tra le promesse del passato e quelle fatte ieri dalla presidente del consiglio al Parco Verde di Caivano, dove le due cuginette di 10 e 12 anni sono state stuprate dal branco per mesi, è tutta qui: può essere nulla e può essere l’abisso che separa le solite passerelle dei politici da una nuova realtà. Di sicuro la presidente del consiglio ci crede, al punto da legare la propria credibilità alla «bonifica radicale» di quel territorio. Non gira attorno al problema, né se la prende con i governi passati. «Qui si è consumato un fallimento da parte dello Stato e delle istituzioni», ammette, e da questa presa d’atto bisogna ripartire. «Penso che una politica coraggiosa e uno Stato serio debbano essere capaci di mettere la faccia soprattutto sulle cose che sembrano difficili da risolvere, assumendosene la piena responsabilità», dice. E lei e i ministri Piantedosi, Valditara e Abodi, assieme al capo della Polizia Pisani, non hanno risposto all’invito di don Maurizio Patriciello solo per la «doverosa condanna» delle violenze e la «doverosa solidarietà» alle vittime, ma per dire che «intendiamo agire e metterci la faccia», perché «in Italia non possono esistere zone franche».

 


IL LUOGO SIMBOLO
C’è già il luogo simbolo, purtroppo è stato facile trovarlo. È l’enorme centro sportivo di 25mila metri quadri che un tempo aveva piscine, campi da tennis e palestra, e che è diventato terra di nessuno: è anche il luogo in cui si è consumato lo stupro delle bambine. L’impegno della premier è riaprirlo «entro la prossima primavera», che vuol dire prima delle Europee, accettando quindi di sottoporre se stessa e la sua promessa al giudizio degli elettori di quella zona il 9 giugno. Sarà usato il Genio militare per ripulire l’area e la società Sport e Salute, controllata dal ministero dell’Economia, avrà il compito di riqualificarla. Serviranno norme ad hoc per operare in deroga alle procedure normali e la gestione del nuovo centro sarà affidata alle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, che in bacheca ha 148 medaglie olimpiche e 275 titoli mondiali. Lì ci sarà anche una biblioteca con sala multimediale e sala lettura, grazie ai 12 milioni di euro in tre anni stanziati dal ministro Sangiuliano.


E tutto questo, insiste la Meloni, il governo vuole farlo «in pochi mesi, per dare un segnale concreto, fisico, di uno Stato che è capace di operare in tempi certi». Il costo non è indifferente, la premier parla 10 milioni di euro solo per bonificare l’area e costruire le nuove strutture. Ma si tratta di creare «un monumento al degrado, un luogo di socialità, d’aggregazione, di alternativa, nel quale si può anche respirare sicurezza». Un investimento sulle generazioni future, insomma. Che deve iniziare con l’espulsione della criminalità e degli spacciatori: «Questo territorio sarà radicalmente bonificato e vi assicuro», scandisce, «che vedrete presto i frutti di questa visita». Dovrebbe essere solo l’inizio. Il progetto, che da oggi diventa a tutti gli effetti un nuovo capitolo del programma di governo, con i ministri impegnati a seguirlo quotidianamente, prevede di far tornare lo Stato presente nelle «tante Caivano d’Italia», sparpagliate soprattutto nel Mezzogiorno. Per questo c’è il decreto Agenda Sud, firmato mercoledì da Giuseppe Valditara, che coinvolge oltre duemila scuole del Meridione, incluse le quattro del primo ciclo di Caivano. È finanziato con 265 milioni e garantisce più personale e le risorse per tenere le scuole aperte il pomeriggio, allo scopo di ridurre l’abbandono scolastico e fornire sostegno ai ragazzi in difficoltà. Serviranno anche più assistenti sociali, e di questo il capo del governo ha parlato con il governatore Vincenzo De Luca, che l’ha incontrata all’aeroporto Capodichino prima che partisse per Atene.

 


IL RUBICONE DI GIORGIA
Dal punto di vista politico e mediatico, per la Meloni è una sorta di passaggio del Rubicone. Tornare indietro da questo impegno o non rispettarlo significa perdere la faccia. Lei lo sa, e don Patriciello è stato altrettanto chiaro: «Meglio di così non poteva andare. Noi abbiamo un desiderio grande di applaudire, ma se le promesse, come accaduto altre volte, non verranno mantenute, sapremo anche fischiare». Ieri, intanto, non si è visto nulla che assomigliasse ad una contestazione. L’area era controllata dalla polizia e gesti di violenza come quelli minacciati alla vigilia su Facebook erano impossibili, ma i pochi che hanno gridato al passaggio dell’auto della premier lo hanno fatto per chiederle lavoro. La risposta la darà poco dopo: «Penso che queste iniziative debbano rappresentare anche un’opportunità di lavoro per chi abita qui, per cui ho dato indicazioni che nel centro sportivo, nel centro culturale, in tutti gli spazi che si apriranno sia data la priorità a chi vive in questi quartieri e vuole lavorare». Vasto programma, insomma, e strada tutt’altro che semplice. Ma l’alternativa è la resa dello Stato e del governo, ipotesi che la prima donna premier nemmeno prende in considerazione.

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