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Napolitano, il primo presidente-bis: lacrime in aula e schiaffi ai partiti

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Nell'aprile del 2013 dopo estenuanti consultazioni tra i partiti, Giorgio Napolitano viene eletto presidente della Repubblica per la seconda volta. Non era mai accaduto prima che un inquilino del Colle giurasse per ben due volte davanti al Parlamento. Una politica frammentata e partiti in lotta tra loro portarono alla decisione di confermare Re Giorgio al Quirinale. Ma a quel vento di storia che accompagna la rielezione (inedita) dello stesso Capo dello Stato per ben due volte, Giorgio Napolitano aggiunse parole che ancora oggi risuonano nell'Aula del Parlamento. Napolitano, nel suo discorso di insediamento, mise nel mirino i partiti con un monito preciso: "Non assolvetevi, tornate alla realtà". Un discorso che per la prima volta mise i partiti spalle al muro davanti alla loro inerzia e all'incapacità di trovare soluzioni efficaci nella gestione della res pubblica.

Nel corso di quel discorso Napolitano venne interrotto per 30 volte dagli applausi. Tutti i gruppi parlamentari applaudirono tranne uno: quello dei Cinque Stelle. Il presidente si commosse più volte e con la voce rotta dall'emozione e da qualche lacrima lanciò l'anatema sulla politica italiana: "Non si sono date soluzioni soddisfacenti alla richiesta di riforme e rinnovamento- attaccava - hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi, che hanno condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in parlamento. C'è stato un eccesso di campagne demolitorie della politica: "questo non induca a nessuna autoindulgenza".

Poi la botta più dura: "In Italia - spiegava- si è diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell'idea che si possa fare politica senza conoscere e riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono". Poi le parole forse più incisive: "Considero mio dovere impegnarmi per favorire più pacati confronti tra le forze politiche. Ho il dovere di essere franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato in passato non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese". Un discorso, quello di Napolitano, applaudito dagli stessi partiti che stava "bastonando" in Aula. Un evento raro nella storia della nostra Repubblica. 

 

 

 

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