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Matteo Salvini a processo? Tutto ruota attorno a Richard Gere

Fabio Rubini
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Il presidente del tribunale di Palermo che deve decidere se Matteo Salvini ha commesso i reati di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, in relazione al mancato sbarco dei 147 migranti a bordo della Ong spagnola Open Arms, non vuole rinunciare alla deposizione di Richard Gere. E dire che pure i pubblici ministeri al fine di accelerare il procedimento, avevano chiesto di stralciare la testimonianza dell’attore statunitense. A risultare decisiva nella scelta del giudice è stata la posizione delle parti civili- che avevano messo nella lista dei teste Gere -, che non hanno sentito ragione, chiedendo che la star di Hollywood si presenti in tribunale. Gere ad agosto 2018 era corso in aiuto dei migranti che stavano nel Mediterraneo ed era salito anche a bordo della Open Arms, attaccando di fatto il governo italiano che non aveva concesso alla nave l’ingresso nelle acque territoriali.

SBARCO DA HOLLYWOOD
La presenza sull’imbarcazione della Ong di Gere aveva fatto il giro del mondo, data la notorietà dell’attore, che in quel caso era diventato il paladino delle Organizzazioni non governative nella lotta contro governi nazionali restii ad accogliere i migranti, soprattutto l’Italia del primo governo Conte nel quale Matteo Salvini ricopriva il ruolo di ministro dell’Interno.

Per la verità la deposizione dell’ex “ufficiale gentiluomo” era in programma per la giornata di ieri. Gere, però, alla difesa dei migranti questa volta ha anteposto le riprese del suo nuovo film e ha dato buca ai giudici e anche ai suoi fan, pronti ad accoglierlo con tutti gli onori fuori dall’aula bunker dell’Ucciardone. Sarà per la prossima volta. Quando, però, non si sa, visto che ora bisognerà incrociare il calendario delle udienze con quello piuttosto fisso dell’attore hollywoodiano. Tra l’altro, il pubblico ministeri di Palermo cioè la pubblica accusa contro Salvini-, Gery Ferrara, aveva chiesto lo stralcio della testimonianza di Gere ritenendola inutile visto che altre persone già ieri avevano testimoniato circa la situazione a bordo della Open Arms. 

 

Tra questi l’avvocato Maria Rosa Damizia che sul banco dei testimoni ha definito le condizioni dei profughi «gravi» così come «difficili erano le condizioni meteo-marine». In più ha spiegato di aver depositato un ricorso verso il decreto del governo che impediva l’ingresso della nave nel porto di Lampedusa «il 13 agosto. Il 14 agosto arrivò la decisione che di fatto consentiva l’ingresso della nave» nelle acque territoriali, ma non in porto, tanto che «il 16 agosto, a fronte del fatto che la nave era entrata in acque territoriali e non le era stata comunque assegnato un porto sicuro, inviammo una seconda diffida al Viminale, agli altri ministeri coinvolti e al comando generale della Guardia Costiera in cui rappresentavamo le condizioni dei profughi a bordo anche con relazioni mediche». Nel frattempo l’avvocatura dello Stato presentò ricorso - poi respinto- contro la decisione del Tar di autorizzare l’ingresso della Open Arms in acque italiane.

PRATICA CONTINUATIVA
L’altra testimonianza di giornata è stata quella del garante dei diritti dei detenuti, Mauro Palma, il quale ha rivelato di aver ricevuto «il 15 agosto (2018,ndr) una telefonata dal premier Conte che mi chiedeva di segnalare eventuali elementi di rischio rispetto a censure internazionali. Lo stesso giorno con una lettera al presidente del Consiglio, ai ministri di Interno, Difesa e Infrastrutture, ho fatto presente i punti di rischio secondo me». 

Palma racconta anche che in precedenza - cioè l’8 agosto - aveva ricevuto «una lettera da Open Arms in cui si diceva delle persone tratte in salvo e si diceva anche della presenza di minori a bordo». Un fatto questo che lo stesso Palma comunicò sempre per lettera «al responsabile della Guardia Costiera, l’ammiraglio Pettorino, per chiedere conferma». Per la difesa di Salvini, retta dall’avvocato Giulia Bongiorno, la cosa interessante della deposizione di Mauro Palma è che analoghe iniziative siano state prese anche durante il Conte-bis, quando al Viminale non sedeva più Salvini, ma Luciana Lamorgese. 

Una circostanza che, per la difesa del leader leghista, ha un significato ben preciso: la continuità di un comportamento che è proseguito anche dopo la caduta del Conte-1, ma che è stata contestata solo a quel governo e non a quello successivo. Segno evidente che il processo che si sta svolgendo a Palermo ha un significato politico e non giuridico. Al termine dell’udienza Matteo Salvini ha lasciato l’aula senza rilasciare dichiarazioni. La prossima è stata fissata per il 24 novembre. Chissà se ci sarà anche Richard Gere...

 

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