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Beppe Sala, attacco alla comunità ebraica: fischi per il sindaco

Beppe Sala

Massimo Sanvito
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Sarà che quelle frizioni ideologiche interne alla sua maggioranza lo irritano non poco. Sarà che tenere a bada i filo -palestinesi scalpitanti, mentre i macellai di Hamas decapitano e bruciano bambini, non è per nulla semplice. E sarà pure che veder sfilare quella propria buona fetta di bacino elettorale- islamici e centri sociali - al grido di «Israele fascista, Stato terrorista», gli crei un certo imbarazzo. Però... Se Beppe Sala, il sindaco chic che sta trasformando Milano in un club esclusivo, arriva ad attaccare, per di più politicamente, il presidente di quell’istituzione che nulla ha a che fare coi partiti e che risponde al nome di Memoriale della Shoah, significa che il segno è stato di gran lunga sorpassato. «Quelle di Roberto Jarach mi sembrano parole in più che non aiutano. Semplifichiamola, Jarach è un uomo di destra che usa questa occasione per fare politica ed è la cosa più sbagliata che c’è», attacca Sala all’ora di pranzo.

APRITI CIELO...
Ma quale sarà mai stata la colpa del presidente del Memoriale, tra le personalità più stimata rispettate della comunità ebraica meneghina? L’aver criticato la posizione del centrosinistra in Consiglio comunale nel voler subordinare la presenza della bandiera d’Israele a quella del vessillo arcobaleno della pace. «Ho poche occasioni di incontrare il sindaco, visto che non viene spesso al Memoriale», aveva aggiunto Jarach. Apriti cielo: guai a chi osa contraddire le scelte dell’accozzaglia progressista. «Ma quale politica... È Sala che sta strumentalizzando. Io non mi sono mai candidato né intendo farlo a 79 anni. Sono un uomo di industria e ho sempre ricoperto ruoli di volontariato, perché mi sento di poter dare un contributo civile alla soluzione dei problemi della società. Ma non voglio entrare in politica perché non è il mio campo e non è il mio mestiere», la risposta del presidente del Memoriale della Shoah.

 

 

«Certo, non mi è piaciuta l’uscita del sindaco ma sono convinto di quello che ho detto sulle bandiere. Secondo me hanno annacquato il senso della solidarietà che volevano esprimere. Comunque mi aspetto di vederlo al presidio in solidarietà d’Israele». Per la cronaca: Sala, al sit-in di ieri sera non si è presentato ma si è beccato una buona dose di fischi dalla platea ogni volta che il suo nome veniva pronunciato dal palco. E il retroscena, raccontato ieri in piazza da Emanuel Segre Amar, presidente dell’Associazione Gruppo Sionistico Piemontese, è da barzelletta. «Il sindaco mi ha chiesto se poteva venire a parlare. Gli ho detto di sì ma che se non avesse rivisto le sue posizioni probabilmente avrebbe ricevuto gli stessi fischi ricevuti da Macron sotto la Torre Eiffel qualche giorno fa. Ha cambiato idea e non è venuto, ma sia chiaro che io gli avevo detto che poteva parlare come tutti i politici presenti». Gioco, partita e incontro. Walker Meghnagi, presidente della comunità ebraica di Milano, ha inchiodato invece gli amici del Pd, ovvero il Movimento 5 Stelle. «Si sa che stasera manca un partito. Non li vogliamo perché sono antisemiti. Non li vogliamo. Conte? Legga qualche libro».

E chissà se Sala, in cambio di qualche applauso, si presenterà oggi alla contro-manifestazione indetta da Pd, Anpi e Cgil. Fa parte anche lui del partito «Con Israele, ma...» e a testimoniarlo ci sono le parole di ieri a proposito della doppia bandiera sulla facciata del Comune: «Dobbiamo essere vicino a Israele ma non possiamo non richiamare anche le ragioni della pace». In serata il sindaco se l’è presa anche con il ministro del Turismo Daniela Santanchè, presente al sit-in di Milano: «Ha aizzato i manifestanti al presidio dicendo che Sala si deve vergognare di mettere la bandiera della pace vicino a quella di Israele. C’è solo una cosa di cui dobbiamo vergognarci noi tutti: che il Paese abbia una ministra come la Santanchè». A ravvivare le ferite interne al Partito Democratico, in serata, ci ha pensato anche la deputata Lia Quartapelle: «Conosco e stimo Roberto Jarach e gli sono grata per tutto il lavoro che ha fatto per Milano, tra cui il Memoriale della Shoah». Un tweet secco. E tanti saluti al sindaco.

 

 

IL CASO ROMANO
Da Milano a Roma. Anche nella Capitale la comunità ebraica non ha digerito la doppia bandiera sul Campidoglio. «Penso che in questo momento sia un segnale non positivo esporre la bandiera della pace in quel modo. Noi siamo assolutamente convinti che la pace sia la meta e il desiderio di tutti, perché la mancanza di pace si riflette sia sui nemici che in casa propria dove c'è una sofferenza incredibile. Forse in questo momento andrebbe dato un segnale più forte, magari per il rilascio degli ostaggi, per esempio», il commento del presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma, Mario Venezia. Anche lui un pericoloso uomo di destra? Macché. E infatti il sindaco dem di Roma, Roberto Gualtieri (lui sì presente in piazza al fianco degli ebrei), si è ben guardato dall’attaccarlo a testa bassa come invece ha preferito fare Beppe Sala. Ma riavvolgiamo il nastro e cambiamo ipoteticamente gli attori in campo: se a tacciare di preferenze politiche una figura dell’ebraismo fosse stato un esponente di centrodestra come sarebbe andata a finire? Ve lo diciamo noi: col Pd, all’unisono, a gridare a «razzismo, fascismo e nazismo».  

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