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Conte e Draghi non fermano il nero: di quanto è cresciuto con i loro governi

Luigi Merano
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Altro che centrodestra amico di evasori e furbetti del fisco. Nemmeno i due governi Conte e Draghi sono riusciti nell’intento di ridurre l’endemica piaga dell’economia non osservata, composta da lavoro nero e dalle varie attività illegali. Stando all’ultimo rapporto, relativo al 2021, diffuso ieri dall’Istat, nel Belpaese lavorano in nero circa 73mila individui in più rispetto all’anno precedente. Nello specifico, rispetto al 2020, la componente del lavoro non regolare dipendente è cresciuto dell’1,5% (+33,2mila unità) mentre quella del lavoro indipendente del 5,1% (+39,3mila unità). Avvicinandosi, drammaticamente, alla soglia di 3 milioni di persone che rappresentano la categoria dei lavoratori più esposti sul fronte dei salari poveri, degli infortuni e delle morti bianche. Sul fronte poi delle attività illegali che hanno superato i 18 miliardi di euro e che comprendono i dati sui consumi di droga e di sostanze stupefacenti che e la spesa per le prostitute che, due anni fa, valeva ben 4,5 miliardi.

SOTTO IL LIVELLO PRE COVID
Analizzando nel dettaglio le tabelle con le seguenze degli ultimi anni emerge che l’economia “non osservata” nel 2021 è cresciuta del 10% rispetto al 2020 - anno del tutto eccezionale e con cui non si possono fare confronti di alcun tipo dal momento che la pandemia ha azzerato ogni tipo di attività, comprese pure quelle illecite. Con la ripresa, però, il sommerso e illegalità sono ovviamente ripartiti e cresciuti, a un ritmo però superiore a quello del Pil: valgono così 192 miliardi di euro (erano 174,6 miliardi nel 2020, ndr), un livello «indegno di un paese civile», come l’ha definito ieri l’Unione nazionale consumatori (Unc).

Al di là del rapporto col Pil, nel 2018 e 2019 i valori assoluti erano più bassi del 2021: rispettivamente toccavano i 188,9 miliardi nel 2018 e 183,8 miliardi l’anno successivo. Il Pil, poi, a metà del 2022 ha superato il livello del 2019 e, a questo punto bisognerà attendere il prossimo rapporto sul sommerso in Italia per capire come si sta muovendo l’andamento del “nero” e delle attività illecite e criminali o se il loro impatto si stia continuando a ridurre. Ma è abbastanza probabile che il trend non cambi, dimostrando l’inefficacia delle politiche finora messe in atto. Per ora il bollettino dell’Istat non riserva sorprese. L’incidenza dei lavoratori irregolari nel lavoro domestico e negli altri servizi alla persona supera il 40% del totale, in particolare nell’edilizia e nell’agricoltura supera il 18%, mentre s’attesta attorno al 13% per il commercio, i trasporti, l’alloggio e la ristorazione.

I REDDITI NON DICHIARATI
Nel 2021, il totale dell’economia sommersa vale 173,9 miliardi di euro, in aumento di 16,5 miliardi rispetto al 2020. La sua incidenza sul Pil resta comunque stabile al 9,5%. La componente legata alla sotto-dichiarazione - ossia i redditi non dichiarati al fisco dalle imprese: qui la stima è ferma al 5% del Pil, come due anni prima - vale 91,4 miliardi di euro mentre quella connessa all’impiego di lavoro irregolare si attesta a 68,1 miliardi (erano, rispettivamente, 79,7 e 62,4 miliardi l’anno precedente).

Infine, un discorso a parte riguarda l’economia illegale che, come detto, supera i 18 miliardi tra attività proibite dalla legge e quelle che sarebbero lecite ma vengono svolte da operatori non autorizzati. Il grosso di questa voce è rappresentato dal traffico di droga, il cui valore aggiunto è salito a 13,7 miliardi di euro dai 13,3 del 2020. Al secondo posto c’è la prostituzione (+11,8%). In questo campo uno studio del Codacons, citato pure dall’Istat, stima 3 milioni di clienti delle prostitute in Italia e oltre 90 mila le donne impegnate stabilmente nel settore. 

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