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Casa, una valanga di imposte: ecco il piano del Pd, chi trema

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Giovanni Sallusti
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C’è da ringraziare Elly Schlein per aver solennemente presentato a Venezia e poi diffuso il Piano democratico sulla Casa. C’è da ringraziarla perché la politica, come la vita, spesso è una questione di analisi comparata. Ecco, il glorioso Piano partorito dai cervelloni del Nazareno fa improvvisamente sembrare la manovra del governo un atto di liberismo selvaggio. Non lo è, ovviamente, è un realistico compito equilibrista all’interno di un tracciato obiettivamente stretto, con alcune punte negative, vedi la cedolare secca aumentata al 26% sugli affitti brevi e dalla seconda casa in poi (non purissima Reaganomics, diciamo).
Poi, dai un occhio al Piano di sacchegg... pardon, al Piano Casa del Pd, e realizzi la differenza tra la gestione ordinaria e il socialismo (ir)reale.

Esageriamo? No, lo dichiarano loro da subito: «La riflessione che sorregge la nostra proposta è che sia decisivo riscoprire un ruolo più attivo dello Stato nel governo dei mercati immobiliari». Quindi, dopo aver riflettuto, sono arrivati alla conclusione che serve (ancora) più Stato in Italia, un Paese da decenni malato cronico di statalismo. Soprattutto, bisogna farla finita con «l’uso sregolato del bene-casa», che deve essere questa bizzarria per cui ci sono ancora proprietari che si ostinano a scegliere come gestire la propria abitazione, a chi eventualmente affittarla, per quanto.

COLPO ALLA PROPRIETÀ
Contro queste derive, compagni, urge affermare «la centralità dell’interesse pubblico nelle politiche per la casa», e non provino a mettersi di traverso questi kulaki... pardon, questi proprietari. Tali politiche «devono essere totalmente condizionate da una considerazione: giustizia climatica e giustizia sociale vanno tenute insieme». Qui ci discostiamo dai progenitori bolscevichi, che non avrebbero mai detto una boiata del genere, e piombiamo nel gretinismo radical. Una delle priorità del “Piano nazionale dell’edilizia residenziale pubblica” che i dem sarebbero pronti a rifilarci ove mai vincessero le elezioni è «la riduzione delle emissioni climalteranti, utilizzando fonti rinnovabili e sistemi di domotica».

Tralasciando ogni considerazione sulle vette raggiunte dalla neolingua gretina con l’aggettivo “climalterante”, andiamo alla sostanza, cioè al portafogli del contribuente. Quando gli autori di queste supercazzole diventano decisori politici, accadono cose come la Direttiva europea sulle Case green, entusiasticamente votata dal Piddì. Essa prevede l’obbligo di conseguire almeno la classe energetica E entro il 2030, e almeno quella D entro il 2033. In Italia andrà quindi ristrutturato circa il 70% degli edifici, oltre 9 milioni. Stima prudenziale di spesa per immobile: 50mila euro. Che i proprietari saranno obbligati a sborsare dall’EcoPolitburo: non è più nemmeno dirigismo, è esproprio.

FURORE IDEOLOGICO
Altro giro, altro furore ideologico, questa volta in omaggio alle Tendine (ormai il Pd schleiniano rincorre qualunque gruppuscolo protestatario che possa allontanare gli ultimissimi sospetti di “riformismo”). «Si deve affrontare la questione del caro-affitti per gli studenti sapendo che ciò richiede nell’immediato una regolazione più incisiva del fenomeno degli affitti brevi». Ecco quindi la rivendicazione di una «proposta di legge che va nella direzione di regolamentare il fenomeno» (non di liberalizzare maggiormente gli affitti lunghi, l’adeguamento è sempre nella vessazione, mai nel sollievo) e «produrre differenziazioni nette tra i singoli proprietari di casa e i grandi soggetti imprenditoriali».

Questo è un grande classico della Ditta, è la ricchezza come colpa, per cui se un imprenditore è “grande” (ma chi stabilisce l’unità di misura, Elly riunita con Marco Furfaro, Peppe Provenzano e altri in odor di Nobel per l’Economia?) va tartassato di più, non messo nelle condizioni di continuare a generare lavoro e benessere. È prevista poi «la definizione di una soglia oltre la quale scatta nei Comuni ad alta tensione abitativa la limitazione alle locazioni brevi». Giusto, la storia dimostra che dirigere e calmierare sono ricette vincenti, deve aver detto qualcosa di simile tal Alessandro Manzoni sul prezzo del pane. In ogni caso, per Elly si tratta di un Piano Casa che mancava “dal governo Fanfani”. Si attende querela da parte degli eredi dello statista democristiano. 

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