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Silvio Berlusconi iscritto al Famedio? Chi lo odia anche da morto e sepolto

 Silvio Berlusconi  

Giovanni Sallusti
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L’odio, l’ostilità biliosa, l’idiosincrasia di parte dovranno pur arrestarsi, di fronte a quell’Arbitro sommamente imparziale che è la morte. Martin Heidegger la battezzava «imminenza sovrastante specifica», un insieme di paroloni per dire che coincide con la tragedia personale e insuperabile del singolo, la tragedia davanti a cui si dovrebbero sospendere le vacue parole di giornata, quella che lo stesso filosofo chiamava «chiacchiera». No, non sempre, non se la morte è quella di Silvio Berlusconi.

È da quasi cinque mesi che gli odiatori, i biliosi, gli ideologicamente accecati continuano a chiacchierare, a spargere precisazioni, stroncature, a volte vere e proprie forme di damnatio memoriae su quel cadavere, che evidentemente è vivo per proprietà transitiva, perché tiene in vita tutti costoro, incapaci di un’esistenza propria e costretti a vivere di rimando. La giornata di ieri, in particolare, era un’occasione troppo ghiotta.

Berlusconi Silvio, il nuovo nome iscritto (insieme ad altri tredici) al Famedio del Cimitero Monumentale, tra i milanesi benemeriti ed illustri. Persino una non notizia, un’ovvietà: la rivoluzione dell’edilizia, Milano 2, Milano 3, quell’avventura prettamente meneghina che è stata Mediaset, in contrapposizione al monopolio statalista romano della Rai, e poi certo il Milan, non c’è bisogno di aggiungere nulla, la parola è l’epopea.

 

 

 

IL DIAVOLO NEI DETTAGLI

Invece, anche ieri, giorno della cerimonia ufficiale al Monumentale, giorno di ricordo e omaggio ai defunti, qualcuno non ce l’ha fatta, e ha dovuto chiacchierare di sé, piuttosto che parlare di lui. Particolarmente inquietante che al club si sia iscritta pure la presidente del Consiglio comunale, la piddina Elena Buscemi, che ha tenuto il discorso istituzionale. Fino a un certo punto, istituzionale: «Imprenditore e leader politico, il segno lasciato dalla sua personalità, tanto apprezzata quanto criticata, rimane...».

Un attimo, il diavolo si nasconde nei dettagli, quando sono orazioni negli incisi. Perché mai l’inciso «tanto apprezzata quanto criticata»? Buscemi voleva forse riferirsi alla fisiologia delle grandi figure pubbliche, per cui più sono grandi più sono inevitabilmente anche oggetto di passioni contrastanti? In questo senso, la risposta migliore rimane quella data a caldo da Marcello Dell’Utri: «Che vuol dire? Anche Cavour è stato criticato, anche Mazzini, anche Manzoni...», una lezione d’iperbolica intelligenza. O forse la presidente si è spogliata delle vesti istituzionali per indossare quelle della propria Ditta d’appartenenza (due abiti che dalle parti del Pd tendono a giudicare interscambiabili), e quindi in realtà parlava per sé, per la “sua” Milano, per la “loro” Italia, che proprio non riesce a ritrarsi in silenzio nemmeno davanti alla commemorazione, non riesce a rinunciare alla puntura di spillo intinta nella presunzione di superiorità morale?

Quando a fine evento lo chiedono a Beppe Sala, il primo cittadino sforna un funambolico esercizio di equilibrismo: «Berlusconi è stato molto amato e molto criticato, questa è una realtà storica». Ma «l’iscrizione ci sta», e in ogni caso «questa è una decisione del Consiglio comunale, non del sindaco». Un po’ pilatesco, un po’ tardodemocristiano, conferma la perifrasi utilizzata dalla Buscemi, ma si barcamena decorosamente. Non c’è nulla di decoroso, viceversa, nel puro distillato di antiberlusconismo in contumacia confezionato da Carlo Monguzzi, capogruppo a Palazzo Marino di Europa Verde, la Cosa rosso-green di Bonelli. «Oggi viene posata al Famedio la lapide per Silvio Berlusconi malgrado 38mila firme che chiedono di non farlo». Il riferimento è alla petizione promossa tra gli altri da Federica Borrelli, figlia di Francesco Saverio, nume tutelare di Mani Pulite («se mettete lui togliete mio padre», è stato il livello del dibattito). Prosegue Monguzzi: «Da subito sono stato contrario assieme ad altri, non ho alcun rancore e rispetto la morte - pensa se non la rispettava, ndr ma penso che l’onore del Famedio debba essere riservato a persone irreprensibili sul piano etico e civile».

 

 

 

LE SACRE TAVOLE DEI PURI

E chi le detiene, le sacre tavole di questa irreprensibilità, un Soviet che riunisce Monguzzi, i suoi compagni di partito, i figli dei magistrati che invitavano alla Resistenza contro il Cavaliere e magari Travaglio presidente ad honorem? Lo scandalo, ci dice l’ambientalista giacobino, è che «Berlusconi è sicuramente una delle persone più famose d’Italia, ma sarà ricordato anche per essere stato l’uomo del bunga bunga e per la condanna per reati fiscali». L’allusione moralista e sessuofoba al “bunga bunga” è qualcosa che ha senso a Teheran, più che a Milano, quanto alla condanna il giudice Amedeo Franco, relatore in Cassazione (non proprio Emilio Fede) la definì «guidata dall’alto». In ogni caso: «Not in my name!», conclude Monguzzi. Non preoccuparti, Carlo, il tuo nome non contava nulla, a maggior ragione ieri. 

 

 

 

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