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Maurizio Landini riporta Cgil e sindacati a 70 anni fa (e scorda la tutela dei lavoratori)

Francesco Carella
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In Italia non di rado gli avvenimenti politici corrono verso il passato, anziché guardare al futuro. È la sensazione che si ricava osservando i comportamenti assunti dalla Cgil (Uil al seguito) con la proclamazione dello sciopero generale poi ridimensionato alla luce dell’intervento della Commissione di garanzia e della decisione del ministro dei Trasporti di fare scattare la precettazione. Al di là delle polemiche degli ultimi giorni, ciò che merita attenzione è che Landini sta riportando indietro l’orologio della storia di almeno settant’anni, quando all’inizio della vita repubblicana il conflitto nel mondo del lavoro assumeva ogni volta il carattere di sciopero politico.

Infatti, i temi sindacali strettamente intesi venivano puntualmente subordinati alle esigenze strategiche del Partito comunista il cui segretario, Palmiro Togliatti, considerava la Democrazia Cristiana non legittimata a governare il Paese e il Parlamento un mero “comitato d’affari della borghesia”.

Nei decenni successivi, superato il clima da Guerra fredda e avviatosi a un destino diverso il rapporto fra i comunisti italiani e l’Unione Sovietica muta anche la natura e il modo di fare sindacato da parte della Cgil. Infatti, seppure con molti distinguo, le tre centrali (Cgil, Cisl e Uil) inaugurano una stagione “unitaria”, ma soprattutto si muovono sul terreno che tradizionalmente appartiene al rapporto “lavoro - capitale” facendosi altresì carico, in momenti di particolare difficoltà, di “un’azione di contenimento delle sbandate finanziarie che minavano la tenuta economica e civile del Paese”. Ora il registro è di nuovo mutato. Il segretario della Cgil rilancia lo sciopero politico, mentre il grande assente risulta essere ancora una volta il negoziato sugli aspetti concreti legati alle condizioni economiche dei lavoratori. 

 

La differenza rispetto a quanto accadeva negli anni ’50 (dove il sindacato svolgeva un ruolo subalterno) è che oggi Landini non nasconde il fatto che voglia assumere direttamente la leadership politica, per condurre l’eterna battaglia della sinistra ovvero la delegittimazione di ogni governo, ancorché sostenuto da una maggioranza democraticamente eletta, non gradito e, in quanto tale, anticamera di un nuovo fascismo. Una pellicola che il Paese ha già visto negli anni ’90, quando Sergio Cofferati contestando la legittimità dell’esecutivo guidato da Berlusconi lanciò, nel contempo, l’Opa per la guida dell’allora Pds. Non finì benissimo. Anche perché, quando la storia va in replica spesso si rischia la farsa.

 

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