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Premierato e riforme, quanti dubbi nel Pd: un partito allo sbando

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Elly Schlein

Elisa Calessi
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Qualcosa si muove, in tema di riforme, anche nel Pd, nonostante i vertici (Elly Schlein) siano fermi al “no” al premierato proposto dalla maggioranza e a ogni dialogo. Ma sono in molti, tra i dem, a interrogarsi se questa linea abbia senso, se sia coerente con la storia del Pd, nato da quell’Ulivo che nella Tesi 1 del programma parlava proprio di indicazione del premier sulla scheda elettorale. Il tema è tornato al centro di un botta e risposta tra Matteo Renzi e Dario Franceschini.

«Il Pd», ha detto il leader di Iv, «non può essere contro l’elezione diretta del premier, perché il Pds» in vista delle elezioni del 1994 «l’aveva messo nel programma». E riprendendo alcuni retroscena usciti sulla stampa, secondo cui Franceschini avrebbe consigliato Schlein a non attestarsi sul no e basta, commenta che l’ex ministro dei Beni Culturali «dice una cosa che avverrà, il Pd si sposterà sull’elezione diretta del premier».

 

 

La replica di Franceschini: «De Mita direbbe che Renzi confonde i desideri con la realtà. Mai pensato che il Pd possa arrivare a sostenere l’elezione diretta del premier, un’idea sbagliata, pasticciata che non ha modelli in Europa e nel mondo».

Aldilà della schermaglia, nel Pd gira voce che Franceschini non sia d’accordo con la scelta di dire “no” e basta al premierato. La sua proposta sarebbe perfino di più: eleggere non il presidente del Consiglio, ma quello della Repubblica. Ma che il tema ci sia e che non piaccia a molti nel Pd lo dimostra anche la discussione che si è svolta in questo fine settimana a Orvieto, dove si sono riuniti i riformisti di Libertà Eguale. Stefano Ceccanti, già senatore del Pd e costituzionalista, ha presentato una proposta di riforma costituzionale, con due scelte di fondo: una legge elettorale maggioritaria e il modello tedesco.

 

 

Al di là delle soluzioni tecniche, il dilemma tra i dem è il seguente: vogliamo fare da spettatori mentre la maggioranza cambia la Costituzione, e magari anche con il plebiscito popolare del referendum, o vogliamo provare a discuterne, con una nostra proposta? Perché non è detto, suggerisce qualcuno, che alla Meloni vada come a Renzi. Per ora Schlein non intende rivedere la linea. Ma, fuori dal Nazareno, i dubbi sono sempre di più.

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