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Eugenio Giani invita i Savoia? Tacciato di fascismo da sinistra

Alessandro Gonzato
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Compagni e compagne dell’italica repubblica: ci scappa da ridere. Ormai siamo all’antifascismo al contrario. Di più: al puro avanspettacolo. L’ultima pièce ha per protagonista il governatore dem della Toscana, Eugenio Giani. La Toscana, con l’Emilia Romagna, è la regione più rossa d’Italia, e Giani è, o meglio lo era fino a ieri e oggi chissà, tra i sancta sanctorum della sinistra. Ora è successo che il governatore che porta il cognome di uno dei più grandi pallavolisti italiani è finito nella bufera per essere stato al centro di una cena di gala della Consulta dei senatori del regno; per aver chiamato «principe» - al microfono Emanuele Filiberto; perché Giani ha parlato del «rapporto profondo» tra i Savoia e Firenze, dove il governatore è stato assessore; e poi, Giani - massacrato sui social dai maître à penser della sinistra, e ci arriviamo - è colpevole del seguente invito, rivolto a Emanuele Filiberto: «Col principe parlavamo che in primavera dovrà vedere la tenuta di San Rossore così profondamente legata alla storia della sua dinastia, e che riuscì poi a essere questo un punto di riferimento per i presidenti della Repubblica». Rullo di tamburi...

Tre, due, uno. Parte il pensatore d’area dem Tomaso Montanari: «Sono andato a vedermi il video e da cittadino toscano sono fortemente imbarazzato (...) A parte il prestarsi, lui che ci rappresenta, a questa oscena carnevalata di nostalgici di una forma monarchica che la Costituzione bandisce senza possibilità di revisione, sconcerta l’uso del titolo nobiliare, non riconosciuto dalla Carta». Non si dà pace, il Montanari. Che riattacca: «E più di tutto (sconcerta, ndr) la menzione della toscana tenuta di San Rossore, come se fosse un posto dove ricordare i Savoia. Fu lì che quel re pusillanime e traditore firmò le leggi razziali. Il punto più basso di una storia, quella della famiglia del signor Savoia, finita nel fango, e peggio». È stata la Fiom a sollevare il caso: «Siamo impazziti?», si è chiesta su Twitter, che ora si chiama “X”, il sindacato. «Giani si rivolge a Emanuele di Savoia chiamandolo “principe”.

 

 

Un’istituzione repubblicana piegata alla monarchia che accolse Mussolini e promulgò le leggi razziali. Povera Toscana, cuore della Resistenza!». Irrompe Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista: «Giani si dimetta!». E dai, Acerbo, che esagerato... Però sono in tanti, sui social - questo sì - a invocare una reprimenda da parte di Elly Schlein. La segretaria non dice niente. Come per il caso dell’altro giorno del sindaco Pd di San Prospero, nel Modenese, Sauro Borghi, il quale in un incontro sulla sanità ha detto, parlando di due medici: «Lui ha preso due donne belle, giovani e aitanti, mentre a lui danno solo dei catorci». La Conferenza delle Donne del Pd è trasecolata. Elly no. Ieri il sindaco di San Prospero ha deciso di autosospendersi dal Pd. Però ha tenuto a precisare: «Questa situazione è stata decontestualizzata e troppo strumentalizzata». La Schlein tace. Il baffone di Sandro Ruotolo non vibra. Siamo certi che sarebbe andata così anche con un sindaco di destra. Intanto Giani risponde: «Nessun dubbio sulle responsabilità del fascismo e della monarchia, né sulla mia storia». Capito, principe?

 

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