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Schlein, "qui è il caos": il voto che può cancellare il Pd

Annarita Digiorgio
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A maggio 2024 Antonio Decaro, primo cittadino di Bari e presidente di tutti i sindaci d’Italia, cesserà il mandato. Ma non ha cresciuto un suo successore, e quindi si è aperto il suk per il candidato sindaco. È saltato il modello Foggia che ha portato il campo largo alla vittoria di un sindaco 5Stelle, anche se a due mesi dal voto ancora non riesce a comporre una giunta.

Quella è terra di Giuseppe Conte, che a Bari non ha mai sfondato. Anche perché il capoluogo regionale è una delle poche amministrazioni rimaste in cui i grillini tutt’oggi sono all’opposizione del Pd. Ma questa volta, per vincere, c’è bisogno che si mettano insieme. Il partito democratico ha tre candidati in campo: l’onorevole Marco Lacarra, l’assessore allo Sport Pietro Petruzzelli, e l’assessore ai servizi sociali Paola Romano. Tutti e tre godono di largo consenso, e sono d’accordo a sfidarsi con le primarie. Strumento con cui da sempre, in Puglia, si sono scelti i candidati: alle regionali (sia Vendola che Emiliano) e alle amministrative.

 

 

 

Ma il Movimento 5 Stelle, con la supervisione della delegata mandata da Conte per le amministrative Paola Taverna, non vuole i gazebo. E hanno anche messo il veto su Italia Viva, nonostante a Foggia il partito di Renzi abbia sostenuto il loro candidato, e a Taranto i 5stelle appoggiano il sindaco appena passato proprio a Italia Viva. I vendoliani, insieme ad alcune associazioni della sinistra da salotto, hanno un loro candidato: Michele Laforgia, avvocato penalista, figlio di un ex sindaco di Bari, massimo esemplare della sinistra col cashmere ma che non bazzica i quartieri popolari. Per questo anche lui è contrario ai gazebo: «Non sono disponibile a fare le primarie - ha detto Laforgia -. Penso che la democrazia sia un lavoro e voglio togliere da questa città l’ipoteca che hanno i portatori e compratori di voti. Non si governa una città facendo accordi ai tavolini del bar e firmando cambiali. Le primarie sono manovrate dalla criminalità organizzata».

 

 

 

Gli ha risposto l’onorevole della Lega Davide Bellomo: «Queste dichiarazioni gettano un’ombra sul futuro, ma vanno lette anche in maniera retrospettiva. Non dimentichiamo che la candidatura del sindaco Decaro è passata proprio attraverso quello strumento». Ma a Laforgia ha risposto anche Michele Emiliano: «Sono cose che si dicono quando uno è teso. Tante volte sono stato davanti ai seggi a vigilare, non ho visto mai nulla di anomalo. Ad ogni modo raccomando a tutti (nel Pd, ndr) di essere pacati nelle repliche e non esasperare i toni». Del resto proprio il principale sponsor di Laforgia, Nichi Vendola, che non sarebbe mai stato governatore senza primarie, diceva che «sono il profumo della democrazia».

 

 

 

Elly Schlein ha rispedito a Bari Francesco Boccia, col compito di riunire il campo largo rinnegando le primarie. Che però una settimana fa sono state regolarmente celebrate a Lecce, e vinte dal sindaco uscente. Boccia ha congelato le tre candidature Pd, e chiesto un passo indietro a Laforgia, per scegliere un candidato unitario. Magari Vito Leccese, capo di gabinetto di Decaro, ex parlamentare verde, sponsorizzato dal sindaco. Ma Laforgia ieri ha dichiarato di tirare indietro, sostenuto da un sondaggio elaborato da Winpool, la stessa società di Federico Benini, assessore del Pd a Verona, che ha elaborato l’unico sondaggio che ha previsto la vittoria di Elly Schlein. Quindi ora il Pd o rompe la coalizione andando a primarie tra i suoi, o accetta di candidare sindaco di Bari chi ha detto che alle primarie pd vota la criminalità. In tutto questo il centrodestra locale ha mandato a Roma una lista di cinque candidati della società civile, non volendo sacrificare i politici come il sottosegretario meloniano Marcello Gemmato. 

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