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Fico, tutti gli sprechi di Pd e M5s alla Camera

 Roberto Fico

Antonio Castro
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«Le faccio solo un esempio: soltanto riprendendo ad acquistare direttamente dai coltivatori (Campagna Amica, Coldiretti, ndr) le derrate alimentari per garantire le forniture la Camera dei Deputati ha risparmiato 180mila euro. Fate un po’ voi i conti...». Il questore anziano di Montecitorio, Paolo Trancassini (Fdi), sintetizza così la decisione (di cui è stato promotore) di riportare sotto il controllo diretto della Camera alcuni servizi che negli ultimi lustri erano stati esternalizzati. E non si parla di pochi spiccioli. Dal facchinaggio al servizio di guardaroba, dalla ristorazione alla pulizia, dallo smaltimento dei rifiuti alla lavanderia. Centinaia di persone (circa 350) si alternano ogni giorno per assicurare «i servizi funzionali all’attività della Camera».

«Magari in turni spezzati di due ore alla mattina e due alla sera», ha ricostruito Trancassini. Con «buste paga che nella maggior parte dei casi non arrivano a 400 euro al mese».

Visto che si spende di più delegando all’esterno i servizi, che si possono riportare sotto il controllo diretto dell’istituzione, si è deciso (a maggioranza) di costituire una società controllata da Montecitorio. Che per di più non deve fare utili, portando in dote già in partenza un bel risparmio.

 


Il paradosso è che Pd, M5S e pure la Cgil si sono schierate contro la proposta della maggioranza di arrivare man mano alla stabilizzazione degli attuali lavoratori delle cooperative. Quanto meno di migliorarne le retribuzioni e pure la qualità della vita sottraendoli dall’infinita precarietà.

«Sono stato molto sorpreso dall’atteggiamento contrario all’avvio della società in house per internalizzare i servizi. Dopo 7 mesi di studio affidati ad una primaria società di revisione come EY (Ernst & Young), e dopo tutti gli approfondimenti svolti dai dirigenti e dai funzionari della Camera», puntualizza l’esponente di Fratelli d’Italia, «si è dimostrato che grazie al risparmio (stimato prudentemente dalla società di revisione in circa 1 milione e 400 mila euro, ndr), si possono ottimizzare i servizi, ridurre i costi e aumentare pure le retribuzioni».

Paradossi che riportano alla memoria il piagnisteo del 2 agosto di Piero Fassino che si lagnava di guadagnare «appena 4.718 euro al mese». Negli anni le diverse maggioranze che si sono alternate in Parlamento hanno reiteratamente appaltato a ditte esterne lavori e servizi. Con costi milionari, e spalancando le porte al precariato dei dipendenti delle cooperative che, ad ogni scadenza di contratto, rimbalzavano poi da una società all’altra.
Per evitare che questa consolidata tradizione prosegua anche nel 2024 «l’Ufficio di Presidenza della Camera ha deciso di dire basta».

 

 

E così «a seguito di istruttoria avviata dal Collegio dei Questori» è stato dato mandato allo stesso Collegio «di sottoporre gli atti relativi alla costituzione di una società in house interamente posseduta dalla Camera cui affidare i servizi relativi alle attività di ristorazione, pulizie, guardaroba, gestione dei parcheggi, facchinaggio, supporto esecutivo alla gestione operativa nel rispetto dei principi di efficienza e di buon andamento».

La delibera - votata a maggioranza - ha scatenato un putiferio soprattutto Pd e M5S. Agganciando pure le lagnanze della rappresentanza della Cgil del Sindacato Dipendenti Camera dei deputati. Per compagni e grillini - che hanno gestito nelle ultime legislature l’affarone dei servizi esterni - la dimostrazione dei risparmi suona come una bestemmia. E si aggrappano al rischio che in futuro i lavoratori restino senza occupazione. Senza però fare alcun riferimento alle attuali buste paga da fame dei cooperanti precari in alcuni casi da 10, 15 anche 20 anni. Forse, suggerisce Trancassini, «questa inedita convergenza dell’opposizione a tutela delle coop rappresenta una prova generale di “campo largo”».

 

 

O almeno così sembra di intuire dalle lamentele messe in giro da Pd e M5S. Se «l’ufficio di presidenza non fosse intervenuto con la delibera del 21 dicembre», la consuetudine di utilizzare i servizi forniti dalle cooperative esterne sarebbe andata avanti per inerzia. Pure nel 2024.

L’esperimento di riportare sotto il controllo diretto acquisti e forniture ha già sortito qualche effetto. «Soltanto acquistando senza intermediari dai coltivatori diretti frutta e verdura abbiamo evidentemente migliorato anche la qualità dei servizi. L’affluenza alle mense interne è lievitata in 6 mesi del 30%... Si faccia due conti...». Il piano di riportare sotto l’ombrello di Montecitorio molti servizi è soltanto l’inizio di un iter per ottimizzare il lavoro di tutti: parlamentari, dipendenti interni e collaboratori esterni. Magari sfalciando via chi negli anni sembra averci mangiucchiato. E magari non solo alla buvette.

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