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Pd, il ritiro extra-lusso scelto dalla Schlein: spa, piscina riscaldata e location da urlo

Francesco Specchia
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Come spesso accade, nel Pd l’equivoco diventa cifra stilistica. Dei “Cappuccini”, spariti il misticismo e l’ambientazione claustrale, sono rimasti soltanto quelli serviti col cornetto, nel lussureggiante breakfast al ristorante stellato, accanto alla sala massaggi e la piscina termale. E le uniche “Cinque Stelle” non son più le truppe di Conte, bensì quelle che brillano sull’insegna dello strepitoso – per l’appunto - Park Hotel dei Cappuccini, il resort di Gubbio dove, con approccio sinceramente francescano, il Partito Democratico allestisce il prossimo conclave.

Sicchè proprio mentre Elly Schlein, alla Camera, illustra la sua interrogazione su fatti di Acca Larentia e chiede al governo di «sciogliere le formazioni neofasciste» (non a torto); be’, ecco il conclave. Un conclave dei bei tempi, in cui il partito squaderna i buoni propositi e discute con la propria coscienza.

STILE MESSEGUÈ
In questo ex convento del XVII secolo, dove la cura dello spirito è passata a quella del corpo; e dove Marc Messeguè vestito da padre benedettino accoglie nella Spa, per le cure estetiche, drappelli di vippissimi internazionali; be’, qui, si disegna il destino dell’opposizione. Che poi, più che «conclave»- dove si entra aspirante Papa e si può uscire chierichetto questo convegno a porte chiuse alla vigilia delle elezioni tra Schlien e i suoi parlamentari diventa un’enorme seduta psicanalitica collettiva. Qui, nell’intonsa Gubbio, diciamo che le botte di vita non abbondano.

 

Qui la gente si ricorda del lupo di San Francesco, del gatto di Nino Frassica sul set di Don Matteo; di Berlusconi non al massimo della forma, quando al raduno di Forza Italia, supplente Sandro Bondi, si crucciava all’idea che Repubblica lo ritesse, dopo estenuanti maratone processuali, pure il «mandante occulto» delle stragi Falcone e Borsellino. Al limite, dalle solitarie colline eugubine, esala il ricordo di quel cenone del 2022 a base di pesce andato a male, in cui 40 ospiti spinti in un libero dibattito individuarono più che la via del dissenso quella della dissenteria. Per il resto, qui domina la matrice del silenzio.

 

 

 

Sicché l’idea dell’incontro e dello scambio di cuori -e di voti- della capogruppo Pd alla camera Chiara Braga si concretizza in queste ore. È un’idea salvifica, «blocca le agende» dei maggiorenti per il 18 gennaio «fino al pranzo del 19»; e fissa loro il programma, la tempistica, i pasti, le alzatacce delle prossime elezioni Europee, come si fa con i viaggi fintamente spontanei di Avventure nel mondo, cassa comune compresa. I tavoli sono già organizzati.

 

Me li immagino, i militanti dem, immersi in un clangore d’intelligenze. Da un lato, i fedelissimi Gribaudo, Braga e Furfaro, e la lanciatissima Bonafoni, che spingono per la multicandidatura di Elly; dall’altro i fedelissimi a sé stessi come Franceschini; dall’altro ancora, i competitor tipo Bonaccini, o Orlando, o gli strateghi come Provenzano che suggeriscono di non rischiare «in un duello a due con la Meloni» chè, secondo i sondaggi, stritolerebbe la segretaria. C’è chi si gusta gli uccelletti alla cacciatora, la pizza al formaggio e il prosciutto umbro tagliato grosso; chi s’inebria nel Sagrantino di Montefalco immaginando la distopia del «campo largo»; e chi, davanti al caminetto evoca i conclavi di una volta. Che, diciamolo, non hanno mai portato ‘sta gran fortuna. Vado a memoria.

 

 

 

Il primo ad organizzare il ritiro delle anime della sinistra, nel ’95 nella Certosa di Pontignano, colline senesi, fu D’Alema nel periodo in cui era dedito ai risotti. Poi, 1997, fu la volta del frantoio nel castello medievale di Gargonza (spartano trés chic) dove Prodi premier riunì lo stato maggiore dell’Ulivo nel ’97: in quella cittadella fiammeggiavano gli ospiti, intellettuali come Eco, Scoppola e Flores D’Arcais, e il futuro Capo dello Stato Mattarella; e Maurizio Costanzo a cui venne affidato il compito di elaborare le Dieci idee per l’Ulivo. Nel 2006, tornò il conclave, sempre con Prodi in Umbria, in un seminario a Villa Donini di San Martino in Campo. Nel 2010 Bersani, portò i dirigenti all’Abbazia di Spineto, Siena. Stessa location in cui il premier Letta riunì i ministri del governo nel 2013 per «fare spogliatoio».

 

L’ETÀ DEL FRISBEE

Infine, ecco Zingaretti segretario, il più abatino di tutti. Costrinse i suoi a stanziare sugli accoglienti pagliericci all’abbazia di San Marco Pastore di Contigliano, Rieti. Fulì che Zinga ribadì: «I partiti hanno il dovere morale di dare risposte ai movimenti» e aprì alle Sardine bolognesi. Risultato: l’entrata del leader Santori in Consiglio comunale a Bologna, a battersi per lo stadio di frisbee. Diceva Rino Formica: «Il convento è povero, i monaci sono ricchi». Se non di voti, di buona volontà... 

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