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Stellantis, la figuraccia di Elly Schlein in un solo video

Francesco Specchia
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Diciamoci la verità clinica (che poi è una verità squisitamente pre-elettorale); il Pd con Pomigliano D’Arco, oggi, vive a pieno quel che lo psichiatra Paolo Crepet accredita come sindrome da «fantasia compulsiva». Un ardimentoso distacco dalla realtà.

Perché, da un lato c’è la segretaria Elly Schlein che – quantomeno a scoppio ritardato - lancia un videomessaggio agli operai Stellantis di Pomigliano d’Arco: «Chiediamo con determinazione che il governo convochi Stellantis e i sindacati per aprire subito un confronto per assicurare impegni precisi sull’occupazione e per ragionare sui modelli di investimenti di impianti»; e lì Elly citala parola «patria» e il governo che non è troppo «patriottico» (sic), e i 100 miliardi di investimenti Ue che sarebbero disattesi, e la vecchia solidarietà rossa dell’«operai non siete soli». Questo, da un lato. Dall’altro lato, invece, c’è un pregresso storico inequivocabile e in contrasto con ogni pensiero, opera e omissione dello stesso Partito democratico. A cominciare dello sguardo di ogni segretario Dem che si volgeva dall’altra parte, quando la Fiat varcò i confini geografici nazionali divenendo, di fatto, industrialmente francese e fiscalmente olandese. L’altro dato inconfutabile sta nel maxi accordo di feroce transizione ecologica europeo siglato – e voluto dal Pd - che, di fatto, ha smontato il nostro automotive, Pomigliano compresa. Anzi, Pomigliano soprattutto.

 

 

 

LE PRIME AUTOMOBILI

Perché qui non si parla di uno stabilimento automobilistico qualsiasi. Ma della fabbrica dove si costruirono le prime automobili d’Italia: le Fiat di largo consumo come la Panda e le formidabili Alfa Romeo. Qui si discute della fabbrica più volte medaglia d’oro nel World Class Manufactoring, eccellenza nel mondo, azzoppata sì, certo, adesso, da Tavares; ma anche dalla transazione ecologica che «non può essere pagata dal ceto medio. Se l’elettrico non tira è anche perché il ceto medio non se lo può permettere». E questo a detta del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il quale è del Pd ma contraddice ogni recente politica ecologica del Pd, in un curioso e fascinoso cortocircuito. Ma non è soltanto questo il problema.

 

 

 


Quel «operai non siete soli» detto da Schlein, stona assai, considerando che, specie nei decenni di governo nel post-Marchionne (che Pomigliano l’aveva rilanciata), il Pd e il centrosinistra brillavano delle stessa assenza di cui ora accusano la Meloni. Bizzarro questo fenomeno dell’amnesia collettiva assommata alla fantasia compulsiva. Basterebbe andare a scorrere le cronache degli ultimi decenni. Vado random. Ci fu, per esempio, l’assalto dei Comitati di lotta Cassintegrati e Licenziati Fiat nella sede del Pd di Pomigliano durante le primarie nel marzo del 2015. E spiccò, nel 2010 la vittoria del socialista di centrodestra Lello Russo contro la fortezza pomiglianese della “Stalingrado del sud”, i cui votanti si rivoltarono contro Bassolino. E parliamo anche e soprattutto del bacino dei 5000 operai Fiat stufi dell’ammuina della sinistra, insensibile al richiamo laburista negli anni topici del potere.

Non è un caso che perfino sulle colonne della testata “amica” Huffington Post, nel 2019, si invitava il segretario Dem Nicola Zingaretti a farsi un giro a Pomigliano, per far nutrire agli operai un’«ennesima, disperata speranza» per la quale «ci vorrebbe anche una sinistra». Ma di Zinga, allora, si persero le tracce. Non è un caso neppure la fine poco nobile del «laboratorio politico Pd-M5s» nel comune di Pomigliano, con tredici consiglieri della nuova maggioranza che diedero le dimissioni in blocco contro il sindaco Del Mastro causa l’«assoluta inadeguatezza alla risoluzione delle problematiche nei settori nevralgici delle città», fabbrica Stellantis compresa. E - diciamolo - non servì a sedare gli animi l’intervento del giudice che impose, dietro denuncia della Fiom, di prevedere una grossa percentuale di iscritti a quel sindacato nell’infornata di assunzioni del 2017, sacrificando i non iscritti.

 

 

 


SPINA NEL FIANCO

Pomigliano è, da parecchio tempo, una spina nel fianco di un Pd in confusione – specie quello governativo. Una situzione che era ben conosciuta dal senatore Antonio Misiani, commissario regionale del Partito Democratico alle prese con lo stabilimento migliore in termini di performance di tutta Stellantis, ma che ora viene sottoposto al ricatto aziendale della chiusura. Beninteso, la battaglia per Pomigliano resta sacrosanta, e il governo ci metterà la testa elaborando la sua articolata strategia sulle gesta poco patriottiche degli Elkann. Ma che sia il Pd ad alzare il ditino accusatorio e calarsi nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, be’, ha un che di clinicamente irresistibile...

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