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Sardegna, Alessandra Todde a caccia di fascisti: "La resistenza parte da qui"

Alessandro Gonzato
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Tremate, tremate, gli antifascisti son tornati. Fanno base in Sardegna, da Cagliari a Olbia. A Ovest l’avamposto è Oristano. A Est, Arbatax, comune di Tortolì. Il cuore della Resistenza è Nuoro, città da cui lunedì l’aspirante governatrice giallorossa Alessandra Todde vorrebbe muovere i volontari per defascistizzare anche Palazzo Chigi. Intanto dalla Costa Smeralda i nuovi partigiani scrutano il Nord, che dalla corsa Bonifacio non salpi un piroscafo nero. L’allerta è massima. «Soru è un alleato delle destre», declama Todde, «battiamole per l’antifascismo». Domenica, sull’isola, si vota per eleggere il nuovo presidente.

Renato Soru, che della Sardegna è stato governatore dal 2004 al 2009, è l’alfiere di Azione e +Europa; poteva esserlo di tutto il centrosinistra che però non ha voluto scegliere il candidato con le primarie, e dunque Soru comunque vada sottrarrà voti a Pd e 5Stelle. Tanti, spera il centrodestra, che per la carica ha puntato sull’attuale sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, decisione arrivata dopo un confronto tra Fratelli d’Italia e Lega. «Gireremo strada per strada e casa per casa», annuncia Todde, ed è il grido di battaglia per questi ultimi giorni di campagna elettorale». Ancora: «Ci sono tanti indecisi e molti che non vogliono andare a votare. Vanno convinti». Escludiamo con olio di ricino e manganello, ché è il sistema degli avversarsi, pardon, i nemici fascisti.

 

 

 

Venti dalla Sardegna sussurrano che alle urne sarà un testa a testa tra Todde e Truzzu. Nelle due settimane precedenti il voto è vietato pubblicare sondaggi, ma i giallorossi hanno comunque fatto sapere di essere leggermente in vantaggio. Strategie, si capisce, e vedremo l’esito tra quattro giorni. In Radio, a L’“Attimo fuggente”, Todde dichiara che «quelli che sono al governo sono fascisti», «so di usare parole forti», aggiunge. E però quando a rischio c’è la democrazia non c’è linguaggio che tenga. «L’antifascismo è un valore e lo sarà sempre», dice al Fatto Quotidiano. Altra descrizione dei nemici «delle destre»: «Stiamo parlando di oscurantismo, di repressione, di chi paragona i ragazzi che occupano le scuole a dei delinquenti. A chi mi riferisco? Il governo nazionale non si può definire diversamente. Sono fascisti, va detto».

Invero lo sta ripetendo a mitraglia. Per la Todde, in questi cinque anni, la Sardegna è stata ridotta a brandelli, bombardata dal governatore uscente Christian Solinas, segretario del Partito Sardo d’Azione ma nel 2019 candidato ed eletto col sostegno decisivo della Lega. «Hanno distrutto la regione», urla la candidata dem-grillina, la quale tragicomicamente tuona che «il nome di Giorgia Meloni nella locandina di chiusura della campagna elettorale è scritto in grande e gli altri in piccolo», e però lei si vergogna talmente dei propri generali, Conte e Schlein – avessimo detto Eisenhower – che lei, la Todde, non li ha neanche voluti sul palco. Però alla fine questa scelta la comprendiamo. «Non farò il comizio con loro, questa è una battaglia dei sardi». Todde, ex vicepresidente dei 5 Stelle, ex viceministro dello sviluppo Economico, e deputato fino allo scorso ottobre, ha contravvenuto al regolamento del partito, in base a cui non ci si può dimettere da una carica anzitempo per partecipare a una nuova elezione. Ma ciò che conta davvero, come afferma, è che «il vento è cambiato». È il ritorno della Resistenza, ché le camicie nere hanno ripreso il potere. Fischia il vento e infuria la bufera/ Scarpe Todde (pardon, rotte) eppur bisogna andar/ A conquistare la rossa primavera/ Dove sorge il sol dell’avvenir... 

 

 

 

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