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Intelligenza artificiale, Antonio Palmieri: "Così stravolgerà il voto"

Pietro De Leo
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L'Intelligenza artificiale è una nuova dimensione che arriverà a permeare, sempre di più, il nostro quotidiano. E riguarderà anche la cosa pubblica, come dimostra per esempio l’impegno del Comitato di vigilanza sull'attività di documentazione di Montecitorio che ha stilato un rapporto sul tema. In particolare, c’è un aspetto che potrà essere sperimentato già in un anno come questo, foriero di molti appuntamenti con le urne.

Ovvero il connubio tra intelligenza artificiale e campagne elettorali. L’argomento è stato al centro di un recente convegno, tenuto all’Università La Sapienza di Roma. Libero ne parla con il promotore dell’evento: il fondatore e Presidente della Fondazione Pensiero Solido Antonio Palmieri. Una lunga esperienza parlamentare nel suo curriculum, per molti anni responsabile web per Forza Italia. Racconta: «Al fianco di Berlusconi ho seguito ben sei campagne elettorali per le elezioni europee». Dunque ben conosce la materia dell’incontro tra proposta politica e aspettativa delle persone.

Qual è il punto di partenza per cogliere l’importanza dell’AI nella campagna elettorale e nell’informazione?
«Primo aspetto, il comportamento di noi esseri umani. Il professor Walter Quattrociocchi della Sapienza ha presentato il lavoro che lui e il suo gruppo faranno in quest’anno di elezioni globali, però hanno già una robusta tradizione di ricerca che ci dice alcune cose. La più importante: le persone non sono ‘bersagliati' dalle informazioni, dalle cose che circolano online. Ma il processo è inverso: le persone cercano online le informazioni per confermare ciò che già pensano».

 



 

Questo non rischia di diminuire il nostro senso critico di fronte alle informazioni, portandoci a dare per buono ciò che avvalora il nostro pensiero?
«Di fronte a questo rischio è necessario sempre assumere una pluralità di fonti e uscire dalla propria bolla comunicativa o ideologica, confrontandoci con opinioni diverse dalle nostre. Ma il ‘funzionamento’, chiamiamolo così, di noi esseri umani, è l’altro».

Questo, quindi, rende più rischiosa la fattispecie in cui, per esempio, dovessero circolare immagini false ma molto realistiche. Ne abbiamo viste parecchie, anche sui due candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Come se ne esce?
«I rappresentanti delle big tech che erano al nostro convegno, dunque Google, Microsoft, Meta, hanno raccontato le procedure che hanno già messo in campo e che già stanno attivando fin dai tempi della lotta alla disinformazione nel periodo del Covid per limitare l’impatto di un uso distorto dell’intelligenza artificiale. Queste big tech hanno creato un’alleanza, che comprende anche Sony, in cui tutti si impegnano ad applicare sulle immagini generate con l’intelligenza artificiale un segno di riconoscimento per aiutare il fruitore a distinguerle da quelle reali».

 

 

Noi, da profani, pensiamo all’intelligenza artificiale come qualcosa di disorientante, pensiamo alle immagini fake. Può esistere un’intelligenza artificiale ‘buona’?
«Vedremo nel corso di questo anno elettorale, gli usi che ne possono venir fuori. Intanto, possiamo vedere con interesse l’esperimento, già in corso, delle telefonate con la voce del candidato generata attraverso intelligenza artificiale, ‘addestrata' con i dati e i contenuti».

Però non è il candidato in carne ed ossa. Non è comunque negativo?
«Intanto non è una truffa. E poi può aiutare ad innescare un rapporto più ‘caldo’ con l’elettore rispetto alla telefonata fatta da un nastro pre registrato o da un incaricato». 

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