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Premierato? La riforma della Costituzione deve bilanciare consenso e contrappesi

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Fabrizio Cicchitto
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Caro direttore, mentre era in corso lo spoglio per le elezioni regionali in Sardegna 3 Fondazioni culturali come Magna Carta di Gaetano Quagliariello, Libertà Equale di Stefano Ceccanti e Io Cambio hanno dato vita presso la Sala Umberto a Roma a quella che è stata chiamata “maratona oratoria sul tema del premierato” con la partecipazione di esperti, politici, e del ministro per le Riforme Casellati che ha sviluppato un intervento interessante a aperto al confronto.

Ovviamente il punto fondamentale della discussione è stata quello riguardante l’elezione diretta del premier. Su questo punto, come è noto, c’è l’opposizione frontale del Pd, del M5S, Verdi e Sinistra mentre è favorevole Renzi e a corrente alternate Calenda. L’ipotesi dell’elezione diretta viene demonizzata con la formula dell’«uomo solo al comando» (nel nostro caso si tratterebbe di una donna) e del pericolo di realizzare una scelta di tipo plebiscitario. Francamente il sottoscritto non condivide affatto questa tesi, anzi, la ritiene a sua volta in sé pericolosa: se ogni ricorso diretto al popolo viene demonizzato, ne deriva inevitabilmente una visione della democrazia con forti caratteri verticistici e anche un po’ snobbisti. A nostro avviso non c’è nulla di pericoloso in sé nella elezione diretta del premier (neanche in quella del Presidente della Repubblica) a condizione che l’operazione venga fatta con un largo consenso e con l’adozione di un sistema di pesi e contrappesi: ad un premier eletto direttamente deve corrispondere da un lato un presidente della Repubblica con un significativo ruolo di mediazione eletto in Parlamento con un quorum molto vasto, e con Parlamento restituito a sua volta ad un ruolo legislativo e di garanzia che oggiè andato quasi del tutto disperso. Su un punto, però, chi scrive è d’accordo coi promotori della maratona: una riforma del genere non può essere decisa solo dalla maggioranza e anzi è auspicabile un consenso in Parlamento così ampio che eviti il referendum.

Per quali ragioni? In primo luogo perché a nostro avviso riforme istituzionali così decisive non possono essere prese con una stretta maggioranza, in secondo luogo perché è già chiaro come si svolgerà l’eventuale referendum sul premierato. Non si tratterà di un pacato confronto tra sostenitori delle due tesi, ma di uno scontro frontale a colpi di clava. Lo slogan degli oppositori dell’elezione diretta sarà che «il fascismo è alle porte» per cui essi punteranno a realizzare un cartello dei No che vada da Alemanno a Rizzo via Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli e il Paese sarà per mesi diviso da uno scontro feroce e frontale. Tutto ciò avverrà nel quadro di una posizione conservatrice secondo la quale nulla va cambiato perché questa è la “Costituzione più bella del mondo”. Siccome, invece, a nostro avviso, la seconda parte della Costituzione va cambiata in molti punti ma con il più vasto consenso possibile, ecco che esprimiamo la preferenza di ottenere il risultato seguendo la via di una mediazione ragionevole.

Allora, nel corso del confronto alla Sala Umberto è stato affacciato da Giuseppe Calderisi, uno dei massimi esperti sull’argomento, la possibilità di riprendere una proposta avanzata a suo tempo da Augusto Baldassarre, presidente della Corte Costituzionale: «Il vantaggio di questa formula sarebbe quello di protesi in una posizione per così dire intermedia tra quella dell’elezione diretta del premier e quella della mera designazione». Il premier sarebbe indicato nel primo turno ed eletto nell’eventuale secondo turno. Al primo turno competono le coalizioni, cercando ciascuna di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Se questo non accade esse lascerebbero spazio alla competizione fra i candidati proposti dalle prime due coalizioni. Ciò detto noi siamo sorpresi che tutta l’attenzione sia concentrata sulla questione della elezione diretta del premier e invece che non ci si occupi di un’altra problematica, essa sì assai importante se si affronta il problema in modo positivo e cioè quella di costruire un sistema ben bilanciato di pesi e di contrappesi. Ciò vuol dire che contestualmente al modo di elezione del premier va incardinata una proposta di legge elettorale, proporzionale o maggioritaria che sia, la quale restituisca lo “scettro al principe”, cioè al popolo nel senso di ridare ai cittadini il potere di scegliere il loro parlamentare, facoltà da anni persa prima con il porcellum e poi con il rosatellum.

In secondo luogo va ricostruito un Parlamento degno di questo nome. Infatti il Pd, pur di fare a suo tempo il Conte 2, ha consentito ai grillini di fare una bella operazione contro il Parlamento con il taglio del numero dei Parlamentari che ha ridotto ai minimi termini la sua funzionalità. Sommata alla accentuazione della decretazione d’urgenza questo taglio ha ridotto il Parlamento ad un “bivacco dei manipoli” di lobbisti e degli alti burocrati dei ministeri. Allora se si vuole invece davvero costruire un sistema ben bilanciato, occorre collocare un Parlamento monocamerale restituito ai suoi numeri originari e ai suoi originari poteri legislativi, ridimensionando in modo netto la decretazione. Come terzo elemento il Presidente della Repubblica eletto con un quorum alto in modo che sia il frutto di un incontro fra maggioranza e opposizione. Le forze politiche si dovrebbero impegnare a costruire un sistema ben bilanciato frutto del consenso popolare dei cittadini e del ruolo di controllo del Parlamento, del ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica e della capacità di governo del premier.

di Fabrizio Cicchitto
*Presidente di ReL Riformismo e Libertà.

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