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Abruzzo, Daniele Capezzone: qual è la vera posta in gioco sul tavolo del voto

Daniele Capezzone
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Inutile negarlo: la posta in gioco domenica in Abruzzo non è solo la guida di una regione, ma molto di più. Sì, certo: in questi casi, di solito, a urne chiuse, i vincitori tendono ad attribuire una valenza politica nazionale al test, mentre i perdenti preferiscono de rubricarlo a mero evento locale. Ma la realtà è che, nella campagna elettorale permanente in cui siamo immersi, tutto ha valore politico generale e nazionale. Altro che test, altro che vicenda locale.

In questi termini, la casistica è fin troppo facile da elencare. Vince il centrosinistra? Sarà sempre più arduo per chiunque, da quelle parti, opporsi a una convergenza strettissima tra Pd e Cinquestelle. Giuseppe Conte sarà titolare di una vera e propria golden share, mentre Elly Schlein, pur politicamente prigioniera dei pentastellati (e realisticamente destinata a cedere proprio a Conte, in prospettiva, la candidatura alla premiership), farà buon viso a cattivo gioco, rivendicando per sé il ruolo di fervente sostenitrice del campo largo.

Carlo Calenda, che già aveva smesso di combattere pochi minuti dopo la chiusura delle urne sarde, a maggior ragione si consegnerà al caravanserraglio giallorosso firmando una resa politica senza condizioni.

Resteranno o resterebbero tutte intere le contraddizioni che tante volte abbiamo evidenziato su Libero (politica estera, grandi opere e infrastrutture, rifiuti e termovalizzatori, per citare solo tre macro-aree), ma i maggiori azionisti della coalizione faranno finta di non vederle, mettendo in primo piano la necessità di unirsi «contro le destre». È la logica dell’accozzaglia, dell’“ammucchiatissima”, come l’abbiamo ribattezzata in una nostra prima pagina della scorsa settimana: e l’operazione sarà potentemente incentivata dallo spauracchio del premierato. Sarà quello l’argomento principe utilizzato per giustificare una specie di unione sacra simil-resistenziale contro la presunta “onda nera”, una minacciosa “torsione autoritaria”, una inquietante “verticalizzazione leaderistica”, e via elencando iperboliche sciocchezze.

 

 

Scenario opposto: vittoria del centrodestra. A sinistra, per paradosso, non cambierebbe nulla. Resterebbe il medesimo schema descritto poco fa, naturalmente con uno slancio più debole e una narrazione assai meno lirica. La verità è che da quelle parti nessuno ha il coraggio di immaginare un’alternativa, e meno che mai una sfida politica che metta in difficoltà i grillini. Al contrario - con maggiore o minore entusiasmo la strada appare segnata: alleanza con un Conte dominante e consapevole di esserlo, e un Pd autocondannatosi a un mediocre ruolo gregario.

E la destra? È perfettamente comprensibile che, dopo l’incidente sardo, la coalizione sia percorsa da qualche preoccupazione: un secondo passo falso in Abruzzo è davvero l’ultima cosa di cui la maggioranza abbia bisogno. A onor del vero, stavolta la campagna è parsa meglio impostata, e per di più con due soli candidati in campo e senza voto disgiunto - sono state tolte dal tavolo le insidie tecniche che diverse volte hanno nuociuto al centrodestra.

Resta l’oggettiva forza numerica (ben più che politica) dell’eterogeneo schieramento opposto: e i più saggi nel centrodestra non sottovalutano questa reale difficoltà. Si può vincere osi può perdere per un pugno di voti: e sarà bene che gli elettori di centrodestra meno motivati se ne ricordino da qui a domenica. È una buona idea consegnare l’Abruzzo alla sinistra, e - con esso - regalare a Conte e Schlein l’abbrivio che cercano verso le Europee? Decisamente no. Dunque, meglio spendere gli ultimi giorni da qui a domenica per convincere gli eventuali indecisi di centrodestra, per spiegare che la vittoria non è scontata, e che l’eventuale decisione di restare a casa potrebbe procurare - da lunedì - non pochi rimpianti.

 

 

I DOSSIER DECISIVI - E tuttavia, per ciò che riguarda i tre partiti al governo, il suggerimento - comunque vada il voto abruzzese: ed è ovviamente auspicabile che vada bene - è di guardare oltre, di tenere d’occhio gli obiettivi di legislatura. Gli elettori di centrodestra sono pazienti, non pretendono miracoli, conoscono bene i danni lasciati dalla sinistra: e però si aspettano, da qui al voto politico del 2027, alcuni passi sui tre dossier decisivi, e cioè sul trittico tasse-sicurezza-immigrazione. È certo comprensibile dedicare attenzione al day by day, alle questioni del giorno: ma non bisognerebbe mai dimenticare quelle tre missioni di medio periodo. È su quelle che Fdi-Lega-Fi saranno giudicati tra tre anni. A ben vedere, gli elettori italiani sono più saggi(e decisamente meno nevrastenici) di come qualcuno vorrebbe descriverli. Anzi, mettiamola così: il medesimo termometro, applicato a corpi diversi, registra temperature differenti. Questa banalissima constatazione, che viene interiorizzata anche da un bimbo di sei anni alle prese con il febbrone del fratellino, è curiosamente dimenticata da politici e “analisti”, tuttora misteriosamente convinti che la loro eccitazione (tutta interna alla “bubble” politico-mediatica) per l’approssimarsi di una scadenza elettorale o per un turno di voto appena concluso sia necessariamente condivisa dal grosso degli elettori.

Spiace procurare un lutto psicologico: ma non è così. Anzi, è sempre più frequente che, quando gli attori della bolla sono “caldi”, gli elettori siano “freddi” e viceversa. A scaldarsi sono le curve elettorali più politicizzate e già schierate, che effettivamente sentono subito il clima da derby politico. Ma, per restare alla metafora dello stadio, le tribune sono piene solo in parte, e soprattutto l’arena non è un catino ribollente, ma uno spazio sempre più ristretto e in qualche caso perfino laterale, rispetto a preoccupazioni dei cittadini che stanno altrove, talora non solo non affrontate ma nemmeno intercettate dai radar della grande informazione. Naturalmente non sto invitando leader e osservatori a distrarsi rispetto al passato risultato sardo e al prossimo abruzzese e alle Europee ormai in vista. Ma occorrerebbe anche uno sguardo più ampio e più lungo, per non essere presi di sorpresa da ciò che invece si potrebbe già agevolmente scorgere. Basterebbe un poco di attenzione, in fondo, a quelle tre parole magiche. Ripetiamole ancora una volta: tasse-sicurezza -immigrazione.

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