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Forza Italia stabile e rassicurante: perché gli elettori tornano anche senza Silvio Berlusconi

Pietro Senaldi
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La fortuna del centrodestra è che ha Forza Italia, un partito che garantisce alla coalizione una tenuta sul centro e sulla parte moderata. È quello che in questo momento manca a noi di sinistra». I complimenti migliori ad Antonio Tajani per il successo degli azzurri in Abruzzo arrivano dal campo avverso, che si è allargato come teste, da Pd, M5S e Alleanza Verdi-Sinistra fino a comprendere Renzi e Calenda, ma si è ristretto come votanti rispetto alla vittoria di due settimane fa in Sardegna. È il sindaco di Milano, Beppe Sala, a emettere la diagnosi letale. I giallorossi sono troppo a sinistra per rubare voti agli altri e vincere, a meno che il centrodestra non si suicidi come a Cagliari con il voto disgiunto, tanto più che i centristi di Azione e Italia Viva non sono in grado di pescare elettori all’opposto « schieramento. Brutta notizia soprattutto per l’ex premier, Matteo da Rignano, che proprio nel fine settimana ha lanciato la sua opa su Forza Italia. Solo che gli azzurri valgono quattro volte lui e la scalata è improbabile; impossibile invece che Tajani gli consegni le chiavi dell’auto che ha appena riavviato come fece invece il Pd.

Dopo aver raggiunto in Abruzzo il 13,4%, oltre due punti in più rispetto alle Politiche del 2022 (11,1) e oltre 4 sopra le Regionali del 2019 (9,05), l’obiettivo del 10% che il leader azzurro si è dato per le Europee appare molto realistico e la sfida vera è se sarà consolidato il sorpasso sulla Lega, già avvenuto per distacco nelle ultime due tornate locali. Quando nove mesi fa l’ex presidente del Parlamento Europeo ereditò, mortis causa, il partito azzurro dal fondatore, si pensava a una battaglia per la sopravvivenza, tuttalpiù a un declino da gestire nel miglior modo e maggior tempo possibile. Invece oggi siamo al rilancio. La missione non era semplice: dare un’immagine nuova di Forza Italia senza rinnegare il passato né Berlusconi, anzi procedendo nel loro solco, addirittura celebrandoli. Non può dirsi del tutto compiuta ma è di certo a buon punto. D’altronde, malgrado sia il parlamentare forzista più longevo di tutti - approdò a Bruxelles nel 1994 -, Tajani è il leader di partito più nuovo, designato per acclamazione neppure un mese fa, e quindi inevitabilmente quello meno logoro, particolare che non guasta quando si tratta di prendere voti.

Certo, l’attuale ministro degli Esteri nonché vicepremier è una creatura di Berlusconi, ma i tanti anni passati in Europa hanno fatto sì che nell’immaginario pubblico i due apparissero meno vicini di quanto in realtà non fossero e lo hanno preservato dal cecchinaggio mediatico e politico che l’area progressista ha sempre dedicato ai collaboratori più stretti ed esposti del Cavaliere.

 

A Forza Italia bisogna riconoscere due meriti, oltre naturalmente a quello ontologico di essere il presidio del pensiero moderato e liberale, quello che nessun centrista proveniente da sinistra avrà mai la credibilità politica per difendere. Il primo è quello di aver portato avanti la lezione di Berlusconi, che a tutti i suoi parlamentari raccomandava che l’elettore va rassicurato; mai spaventarlo. In una politica per sua natura ballerina, con la stampa antigovernativa che ogni giorno esaspera, quando non inventa, le divergenze d’opinioni e le rivalità tra Meloni e Salvini, il partito azzurro incarna la stabilità: l’elettore di centrodestraè certo che mai da lì arriveranno i problemi per l’esecutivo, che Tajani è una sicurezza, si batterà con gli alleati per il suo partito e le sue idee, ma mai staccherà la spina, voltando le spalle alla scelta espressa nelle urne.

Il secondo è quello di aver riempito il vuoto lasciato dal Cavaliere tornando a strutturarsi in un partito vero, cosa alla quale negli ultimi anni, con il passaggio da una gestione personalistica a una verticistica, Forza Italia somigliava sempre meno. Ora, rispetto all’ultimo periodo, quando la spinta innovativa dell’insostituibile e inimitabile Berlusconi si stava ormai esaurendo, c’è più chiarezza di rapporti e di linea. Questo ha permesso anche, in Abruzzo ma non solo, il riavvicinamento di molti quadri locali e portatori di voti, che negli ultimi anni avevano cercato fortuna nella Lega o altrove e ora sono rientrati a casa.

Il loro apporto è stato fondamentale nel voto di domenica scorsa. «Siamo risorti grazie alla politica dello yo-yo», scherzano i maggiorenti azzurri; ai ritorni di chi non aveva più spazio alla corte di Salvini e non riteneva di saltare ancora su un nuovo cavallo. Questo fa sperare Forza Italia di poter recuperare ancora una significativa parte del bacino elettorale perduto negli ultimi quindici anni.

 

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