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Sinistra, il fascismo non basta più: ora è "allarme nazismo"

Alberto Busacca
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L’antifascismo non serve più a niente. Diciamo la verità, a furia di continuare a lanciare allarmi sull’imminente ritorno delle camicie nere, ormai il fantasma di Mussolini non spaventa più nemmeno i bambini delle elementari. D’altra parte, nel corso degli anni, l’accusa di essere l’erede del Duce è stata rivolta un po’ a tutti, da Berlusconi alla Meloni, da Salvini a Renzi. È come con gli antibiotici, li usi troppo, li usi a sproposito, e alla fine scopri che sono diventati totalmente inefficaci. Inutili.

Che gridare al fascismo non porti voti alla sinistra era già evidente quasi a tutti. D’altra parte le elezioni del 2022 sono stare chiare. Enrico Letta e il suo Pd hanno puntato tutto sulla necessità di fermare l’onda nera, ma gli elettori se ne sono altamente fregati e hanno votato in massa per il centrodestra. La novità è che finalmente l’hanno capito anche a sinistra. Una buona notizia? Non proprio. Già, perché visto che, grazie a loro, il fascismo non fa più paura, cosa hanno deciso di fare i progressisti? Semplice, hanno alzato l’asticella e ora gridano al nazismo, nella speranza che la svastica spaventi più del fascio e Hitler sia un fantasma più terrorizzante di quello di Mussolini...

Qualche esempio? Purtroppo ce ne sono già tanti. A partire dalle parole sulla Meloni pronunciate dal professor Luciano Canfora: «Essendo neonazista nell’anima si è subito schierata con i neonazisti ucraini». Ecco qui. Neonazista. Camicia bruna e bandoliera. Basterà a convincere gli elettori a non votare Fdi?

A dar manforte a Canfora è poi arrivato l’immancabile Tomaso Montanari, storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena. Che, intervenuto a DiMartedì, il talk di La7 condotto da Giovanni Floris, ha sentenziato: «Meloni ragiona come una neonazista? Canfora ha detto cose dimostrabili, lo ha detto in maniera forte, ma sono sicuro che da quel grande filologo che è in tribunale saprà argomentare». E ancora: «Se io dico che le parole con cui si parla di sostituzione etnica da parte di esponenti di questa maggioranza sono le stesse che usava Hitler nel Mein Kampf lo posso dimostrare con i testi. Io credo che si debba poter parlare e si debba poterlo fare contro chi è al governo, questo sta alla base di un sistema democratico».

 

La teoria della sostituzione etnica ha stimolato anche Donatella Di Cesare, ordinaria di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, diventata famosa per il tweet dedicato alla brigatista Barbara Balzerani, che ha annunciato su Facebook di essere stata rinviata a giudizio in seguito a una querela per diffamazione arrivata da Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura (l’udienza è in programma il 15 maggio). «Tutto», ha spiegato la Di Cesare, «ruota intorno alla formula “sostituzione etnica” che il ministro ha pronunciato al congresso Cisal il 18 aprile 2023, suscitando molto scalpore. La sera dello stesso giorno, quando mi è stato chiesto di commentare, ho detto che “il nazismo è stato un progetto di rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della sostituzione etnica è nelle pagine del Mein Kampf di Hitler”. Ho aggiunto: “Credo che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano”. Questa mia opinione è basata sui miei studi di anni su questo argomento».

E infine, sempre ieri, ha riparlato anche lo scrittore e professore Christian Raimo. Che, dopo aver detto nei giorni scorsi che è giusto picchiare i neonazisti, ha lanciato il nuovo allarme: «Oggi in Europa esiste un ritorno, non al fascismo, ma al nazismo». Questo giochino, va detto, è molto pericoloso. Perché a forza di urlare “al lupo, al lupo” a sproposito, si sa, finisce che al grido di aiuto non crede più nessuno. E a breve, statene certi, pure questi allarmi nazismo verranno accolti con uno sbadiglio...

 

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