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Ilaria Salis, se venisse condannata? Ecco cosa potrebbe accadere (a lei e all'Italia)

Pietro Senaldi
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Dopo un paio di giorni di indiscrezioni, comparsate televisive e smentite a uso e consumo dei quattro gatti che li ascoltano, la coppia resistibile della politica italiana, Gianni e Pinotto, al secolo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, hanno annunciato la candidatura di Ilaria Salis all’Europarlamento nelle liste di Avs, l’alleanza tra Verdi e Sinistra Italiana. Non è il caso di infierire sulla donna, in carcere in Ungheria, né sul padre, piuttosto disperato, che non sa più cosa inventarsi per aiutarla. Il parere di Libero è che la Salis sia nei guai non tanto per il fatto di essere portata in catene in tribunale, pratica umiliante che l’Italia ha dismesso non poi così tanto tempo fa e contro la quale il nostro governo ha protestato, sbattendo però contro un muro, perché a Budapest così funziona per tutti gli imputati di crimini ritenuti gravi. Il trattamento dei carcerati ungheresi non è un problema che può risolvere il nostro governo, malgrado i buoni rapporti diplomatici tra Giorgia Meloni e il presidente magiaro Viktor Orbàn, non avendo l’Italia giurisdizione sull’Ungheria. Starebbe al più all’Unione Europea fare pressioni su un Paese membro, ma poco si muove in tal senso a Bruxelles.

I guai veri per la Salis stanno nei capi d’accusa: associazione a delinquere e tre tentativi di lesioni personali con pericolo di vita, con tanto di aggravante della premeditazione, qualcosa che da noi potrebbe anche suonare come triplice tentato omicidio; ma non è questa la sede per fare processi e vale sempre la presunzione di innocenza, tanto più che l’imputata si è dichiarata non colpevole. Quello che in tanti hanno detto di questa vicenda, prima della scelta della premiata ditta Bonelli&Fratoianni, è che la politicizzazione delle sue disavventure giudiziarie non ha aiutato né la Salis né il governo italiano nel darle una mano. Normalmente per essere efficaci le diplomazie hanno bisogno di muoversi a fari spenti. La sinistra invece ha approfittato di Ilaria in catene per mettere sotto processo il governo Meloni, colpevole di essere amico dell’Ungheria. Si attacca la giustizia di Budapest per colpire l’esecutivo di Roma e le conseguenze che questo ha sull’italiana in carcere in riva al Danubio sono secondarie per chi, più che battersi per lei, vuole capitalizzarne le sofferenze.

 

 

A proposito di questo, di certo la candidatura della Salis è una mossa che può rivelarsi buona. Non è escluso che, nell’elettorato della sinistra più radicale, quella da dove Ilaria arriva e che la segreteria di Elly Schlein punta a recuperare, Avs possa sottrarre un’apprezzabile fetta di consensi al Pd. Ma oltre i numeri, che cosa ottiene? Si suppone che un elettore che voti i Verdi abbia a cuore la transizione ecologica anziché l’estradizione e che per Sinistra Italiana la giustizia proletaria sia preminente rispetto a quella ad personam. La speranza, per l’Unione Europea, per l’Italia, per la Salis e anche perla sinistra nostrana è che non arrivi un verdetto di colpevolezza durante la legislatura. Sarebbe una pessima pubblicità per tutti nonché lo sdoganamento della violenza come via d’accesso alla politica.

 

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