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Giancarlo Galan, il Doge in miseria: "Vivo nel bosco e senza soldi, ho pensato al suicidio"

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"In carcere ero arrivato ad affilare la latta di una scatoletta di tonno, una lama perfetta. Brutti pensieri, li ho fatti anche guardando questi alberi, cercavo il ramo che potesse reggermi…" Era il Doge, l'uomo più potente del Veneto. Giancarlo Galan, uno dei colonnelli del berlusconismo al nord, ex ministro e governatore. Travolto dall'inchiesta sul Mose, la grande opera che oggi permette a Venezia di non finire sott'acqua quando il livello della laguna si alza, oggi non ha più nulla. 

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Galan racconta la sua nuova vita da eremita in un bosco nella provincia di Vicenza. Oggi vive in una casa regalatagli dal fratello in mezzo al nulla: "Era l’unico posto possibile: io non ho più nulla, non ho redditi, vivo dell'aiuto degli altri. Questa è la vecchia casa di caccia di mio nonno Girolamo che faceva l’avvocato. Ora è di mio fratello Alessandro e me l’ha data... Era preoccupato per me: l’altro nostro nonno, finito in carcere per il crac della sua banca, si suicidò. Quando mi hanno messo dentro Alessandro già vedeva la ciclicità della storia…"

Indagato, poi arrestato e portato nel carcere di Opera da cui è uscito dopo qualche mese grazie ad un patteggiamento. La depressione e il pensiero di farla finita lo ha accompagnato per molto tempo: "Ci ho pensato molto spesso, anche alle modalità. In carcere ero arrivato ad affilare la latta di una scatoletta di tonno, una lama perfetta. Brutti pensieri, li ho fatti anche guardando questi alberi, cercavo il ramo che potesse reggermi… Purtroppo ho perso ogni passione: la lettura, la pesca… A trattenermi dall’irreparabile sono stati pochi amici e mia figlia Margherita".

 

 

Non solo i fasti di un tempo sono un lontano ricordo. Anche la sua vita familiare è stata distrutta: "Mia moglie mi ha lasciato e abita con Margherita in una casa messa a disposizione da un amico. Non viviamo più insieme da un anno. Per vedere mia figlia uso la scusa di dar da mangiare agli uccelli rimasti lì nelle voliere. A mia moglie sono intestate la casa di Rovigno e quella di Lussino, io chiedo solo che mi lasci sopravvivere…"

Una situazione drammatica da cui è quasi impossibile uscire. Dopo le condanne sono stati sequestrati beni e prosciugati i conti correnti. Oggi Galan non può neppure avere un bancomat: "Sono stato condannato dalla Corte dei Conti a pagare 5 milioni per danno d’immagine alla Regione, fino a che non saldo non posso avere carte di credito e conti correnti perché mi tolgono sistematicamente tutto. Sono costretto a vivere in nero. Avevo provato ad aprire un conto in Lituania e dopo venti giorni l'ho dovuto chiudere. Poi in Austria e mi hanno detto che non si può fare perché sono una persona esposta politicamente. Per intenderci: ho dato via la mia barca da 300 mila euro al prezzo di un motore, su ebay ho venduto tutti i vini della mia favolosa cantina, se vado a pranzo con qualcuno sono costretto a farmi offrire oppure scelgo i menù a prezzo fisso". Una situazione talmente pesante che ha portato l'ex governatore a compiere scelte estreme per risparmiare quei pochi soldi che gli servono per sopravvivere: "sono quasi dieci anni che non mi compro una camicia, un pantalone, questo è rammendato. Quando giro in macchina sto attento a non superare gli 80 per non consumare troppa benzina. Così sono ridotto".

 

 

Eppure c'è qualcuno che continua a sostenere che, nonostante la vita di stenti, all'estero sia ancora nascosto un tesoretto che Galan è riuscito a far sparire dalla circolazione. Lui ci scherza su: "Se lo trovate ve lo lascio al 95%. I commercialisti parlano di un vecchio conto corrente in cui, quando ci fu il passaggio dalla lira all’euro, chiesi di trasferire dei contanti che avevo in casa dai tempi in cui lavoravo in Publitalia. Ora non ho più neanche quelli".

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