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Rai, schiaffo ai partigiani anti-Meloni: il caso-Serena Bortone

 Serena Bortone

A.V.
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■ La grancassa è partita dal suo grido di dolore, sabato 20 aprile. Serena Bortone ha protestato per lo stop della Rai all’ospitata anti-Meloni di Antonio Scurati, e da quel giorno è ovunque: servizi su Vanity Fair, ospitate tv (anche a Mediaset), proclami politico-culturali dentro il suo programma Che sarà... Ieri, la Bortone, era in prima linea nella sala stampa estera al fianco del segretario della Fnsi Vittorio Di Trapani: «Ancora non ho ricevuto una spiegazione del perché è stato annullato il contratto di Scurati». Eppure, nonostante la testimonial Bortone, lo sciopero dei giornalisti Rai è stato un flop. E anche il suo programma, nonostante i monologhi monotematici, resta ancorato al 4,3% di share. Prima dell’affaire Scurati, la media era del 3.9%. Che si stia già sgonfiando l’effetto dell’autore di M.?

■ Scurati di nome, oscuro di fama, oscurato di fatto, oscurantista per missione. Antonio Scurati, finito nell’occhio del ciclone per un testo contestato su Matteotti e contro la Meloni, poi però letto dappertutto dal palco di Repubblica alla sagra della porchetta di Ariccia, oggi è più imbronciato di quando parla di antifascismo nelle pubbliche piazze (cioè sempre).

 

 

Dopo il casino della presunta “censura” in Rai, e l’eco internazionale dello scandalo, e la denuncia al mondo dell’invasione della Meloni vestita da Ilsa la belva delle SS, e l’eco dei panzer sicuramente alle porte; be’ ecco che l’oscuro Scurati si ritrova spiazzato. Si aspettava almeno la piena solidarietà della Rai, la bonifica del luogo del (suo) delitto. Tocca con mano l’indifferenza di gran parte della Rai al suo estenuato martirio...

■ Affannosamente sballottato tra Napoli, Bari, Reggio Calabria e Campobasso, in «un sud che soffre dove vincere farà la differenza», Sandro Ruotolo si consuma, in questi giorni, in una personale Via Crucis elettorale. Cravatta allentata e fiato corto, Sandrone è pure colpito dallo strale del destino che lo vede avversario alle Europee di Michele Santoro, il Masaniello di cui per anni fu braccio destro. Difficile, in questo turbinio di concioni, di ricordi e di voti strappati uno a uno coi denti, potersi concentrare sulla Rai senza sofferenze. Ruotolo non è Mastella. Eppure il fallimento dello sciopero Usigrai è anche un po’ il suo, di quando col megafono di responsabile dell’informazione del Pd denunciava la “lottizzazione” della tv di Stato. Lui, che di quella stessa storica lottizzazione fu figlio eroico...

 

 

■ «Siamo più di 900, a mille partono le scissioni». È stato il crudele Dario Vergassola a stroncare sul nascere qualsiasi velleità di partito con cui Massimo Giannini aveva tentato di ammantare la sua «Chat 25 aprile». Un social da cui promana una lieve fragranza d’apocalisse. Una chat che, con la scusa degli auguri partigiani, metteva in guardia sul nazifascismo melonianiano alle porte. Giannini è davvero convinto che la Rai sia stata orribilmente lottizzata, tranne negli anni in cui ci ha lavorato lui. Scelto come degno sostituto di Floris a Ballarò, l’attuale editorialista di Repubblica ha portato un notevole contributo alla chiusura definitiva del programma. Erano gli anni in cui l’Osservatorio di Pavia dava al suo Pd lo scettro della lottizzazione. 

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