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Alleanza Verdi Sinistra, il programma surreale: vietare i voli e patrimoniale

Michele Zaccardi
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Tagli drastici alle emissioni di Co2, legalizzazione della cannabis, voli aerei vietati e nuove tasse. Ecco i punti fondamentali del programma di Alleanza Verdi Sinistra per le Europee. Ovviamente, il pallino della formazione guidata da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli è l’ambiente, con proposte che intendono rendere ancora più stringenti gli obiettivi del Green Deal.

Il pacchetto climatico varato da Bruxelles, secondo Avs, deve essere rafforzato con misure che riducano «le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030 per poter raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040», dieci anni prima di quanto stabilito dalla Commissione Ue. Per riuscirci, si legge nel documento, occorre «mettere fine all’era dei combustibili fossili». C’è dunque bisogno di un «piano dettagliato per cessare l’uso di carbone entro il 2030 e di petrolio e gas tra il 2035 e il 2040», data, quest’ultima, nella quale l’Europa dovrà essere «alimentata al 100% da energie rinnovabili». E questo vietando sia il nucleare che le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio, non sia mai che possano rendere più sostenibile sul piano economico e sociale la transizione ecologica. Quanto alle risorse, Avs propone di istituire un Fondo europeo con una dotazione di «almeno» 2mila miliardi di euro (pari al Pil dell’Italia, per dire) «per finanziare investimenti green, trasporto pubblico ed efficientamento energetico delle case, favorendo le persone con maggiore difficoltà economiche nell’accesso agli incentivi».

 

Ma il bello viene alla voce “traporti” del programma. Perché si prevede di «investire sul trasporto notturno ferroviario per ridurre l’uso di voli a corto raggio», il tutto con l’obiettivo «di vietare i voli all’interno dell’Unione europea quando esistono alternative valide e sostenibili, esclusi i collegamenti internazionali». Anche i jet privati vanno «eliminati», mentre chi viaggia spesso («frequent flyer») sarà tassato.

E a proposito di tasse, il programma di Avs ne è pieno. Si propone di introdurre, nell’ordine: un’imposta «sulle transazioni finanziarie, che copra azioni, obbligazioni e derivati»; una tassa europea sui grandi patrimoni; un’imposta «sulle pratiche degli ultra-ricchi che favoriscono il cambiamento climatico e sui beni di lusso, compresi yacht e jet privati».

Per ridurre invece i rifiuti, tra le numerose proposte, spuntano invece il «caricabatterie universale» e, attenzione, «un piano europeo di sobrietà», qualunque cosa ciò significhi. Altra idea piuttosto curiosa riguarda il blocco degli sfratti, anche per chi occupa. Bisogna garantire, si legge nel programma, «che nessuna persona o famiglia in situazione di vulnerabilità possa essere sfrattata o allontanata senza che l’amministrazione competente garantisca una nuova sistemazione in condizioni dignitose, sia in caso di mancato pagamento degli affitti che di occupazione precaria dovuta alla mancanza di alloggi a prezzi accessibili». Si propone poi l’adozione di una direttiva per un reddito minimo europeo e la legalizzazione della cannabis.

Sul fronte immigrazione, invece, Avs indica tra le soluzioni, l’introduzione dello «status di rifugiato climatico», mentre si punta a sostenere «ogni attività di soccorso umanitario» e a «fermare la criminalizzazione delle Ong di soccorso in mare». Anche se, va detto, il capitolo più spassoso è quello intitolato “L’Europa femminista”, che si apre con una preambolo davvero notevole. «Consideriamo» si legge, «la prospettiva femminista fondamentale per immaginare e creare il futuro dell’Europa. Dobbiamo seppellire il modello patriarcale e valorizzare il protagonismo, il pensiero e l’azione delle donne». Nientemeno.

 

Infine, la proposta più surreale: la ristrutturazione dei debiti pubblici degli Stati membri. Tradotto: un default deciso a tavolino di tutti i Paesi. Per usare le parole del programma elettorale, occorre «convocare una conferenza europea sul debito, con lo scopo di raggiungere un accordo per la ristrutturazione e la mutualizzazione da parte della Bce di quella parte del debito pubblico di tutte le economie dell’area dell’euro che superi il 60% del Pil».

  

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