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Sinistra, attenti alla propaganda: le 10 balle progressiste in campagna elettorale

Alberto Busacca
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In amore e in campagna elettorale tutto è lecito. E così, in vista delle elezioni europee, da sinistra non mancano i colpi bassi contro il governo. Colpi bassi che, però, spesso si traducono in accuse palesemente false. Dalla libertà di opinione all’aborto, dalla sanità ai diritti, la propaganda progressista crea e cavalca polemiche basate sul nulla. Il metodo è sempre lo stesso lo stesso: “Ripetete una bugia mille volte e diventerà una verità”. I compagni lo fanno abitualmente. Spesso gli è andata bene. Ma è un giochino che si può facilmente smontare. Qui di seguito riportiamo le dieci principali fake news usate da dem e affini in vista del voto. Spiegando perché non stanno in piedi...

SALARIO MINIMO
È uno dei cavalli di battaglia elettorali di Elly Schlein: «Vogliamo introdurre nel nostro Paese il salario minimo, che Giorgia Meloni ha affossato con un sotterfugio, tradendo le speranze e le attese di quasi tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri. Sotto i 9 euro all’ora per noi si chiama sfruttamento, non si chiama lavoro». Ora, semplicemente il governo non ritiene che il salario minimo sia lo strumento giusto per tutelare i lavoratori, cosa che tra l’altro, fino a poco tempo fa, pensava anche la Cgil. Ma il tema è un altro. Fino all’arrivo della Meloni, e ad esclusione della parentesi del Conte 1, il Pd è stato in maggioranza per circa dieci anni, dal 16 novembre 2011 al 22 ottobre 2022. Possibile che non abbiano trovato il tempo per approvare il salario minimo, se ritengono che sia fondamentale per combattere lo sfruttamento? Perché si svegliano soltanto adesso? Accusare la Meloni di aver «affossato» il provvedimento è assurdo...

 

PRECARIATO
La lotta al precariato è uno dei punti chiave del programma elettorale del Pd. Peccato che, anche su questo, il governo di centrodestra stia facendo molto più di quello che hanno fatto gli esecutivi di centrosinistra. L’ultima conferma è arrivata venerdì dal dati dell’Osservatorio Inps sul precariato: nei primi due mesi del 2024 in Italia abbiamo avuto 269mila contratti di lavoro in più (a gennaio e febbraio ne sono stati attivati un milione e 243mila a fronte di 974mila cessazioni). Ed è proprio il tempo indeterminato che rappresenta la voce principale nella crescita delle assunzioni, con una variazione netta positiva tra attivazioni, trasformazioni e cessazioni di rapporti di lavoro stabili di 139.967 contratti a tempo indeterminato.

FAVORI AGLI EVASORI
Lo stop al redditometro, deciso dal premier, ha scatenato i progressisti, secondo i quali il governo di centrodestra “strizza l’occhio agli evasori”. I numeri, però, dicono che il 2023 è stato un anno record per il recupero dell’evasione fiscale, arrivato a 24,7 miliardi di euro, 4,5 miliardi in più rispetto al 2022 (+22%).

TAGLI ALLA SANITÀ
Alla Schlein piace molto insistere anche su un’altra cosa: i tagli alla sanità fatti, ovviamente, dal governo di centrodestra. «L’Europa che vogliamo», sostiene la leader dem, «è un’Europa più sociale, che mette al centro il bisogno di investimenti comuni per ridurre le diseguaglianze a partire dalla sanità pubblica, che in Italia sta soffrendo anche a causa dei tagli del governo Meloni».

È così? No. In un’intervista a Libero, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha spiegato: «Con la finanziaria del 2024 abbiamo aumentato di 3 miliardi il fondo sanitario. Sul triennio 2024-2026 ci sono oltre 11 miliardi». Al contrario, i tagli sono arrivati quando al governo c’erano dem e grillini: in 5 anni, dal 2014 al 2019, parliamo di 11 miliardi in meno. Non solo. Secondo un rapporto Fiaso (Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere) fino al 2012 (col governo Berlusconi) la spesa pro-capite era in linea con quella degli altri Paesi europei. I guai sono arrivati dopo...

 

DIRITTO DI ABORTO
La sinistra lo ripete spesso: il governo vuole cambiare la 194. Mercoledì scorso, 46° anniversario dell’approvazione della legge, è stato un coro unanime. Ecco infatti il tweet di Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera: «C’è un tentativo della destra di attaccare la legge 194. Tagliano fondi e vanno a braccetto dei “pro-vita”. Ora basta: il diritto all’aborto è una conquista che abbiamo difeso per 50 anni e non consentiremo passi indietro. Grave che avvenga con un governo guidato da una donna». Ecco, da quando si è insediato il governo, i suoi membri, a cominciare dal presidente del Consiglio, hanno sempre chiarito che non c’è nessuna intenzione di toccare la legge 194. C’è stato, questo sì, l’emendamento approvato col decreto Pnrr sul coinvolgimento all’interno dei consultori delle cosiddette associazioni “pro-vita”. Ma la ministra Eugenia Roccella ha spiegato: «Quell’emendamento ripete quasi esattamente quello che è scritto nella legge 194. Mi sorprende che chi dice di difendere la 194 a volte non la conosce».

DIRITTI LGBT
«Con il governo Meloni c’è un arretramento sui diritti dei gay». Quante volte lo avete sentito? Ecco Alessandro Zan, candidato alle Europee con il Pd: «Sempre più in fondo. Nella mappa ILGA 2024 l’Italia sprofonda in 36esima posizione, sempre più vicina a quei Paesi che fanno delle discriminazioni e delle violenze contro la comunità Lgbtqia+ delle precise politiche. Questo è il risultato della crociata contro i diritti del governo Meloni». Peccato che, su questo, il governo Meloni non abbia preso nessun provvedimento. Inoltre, anche basandosi sulla mappa ILGA, in Italia non c’è stato nessuno «sprofondamento». Quando al governo c’era il Pd, esecutivi Conte 2 e Draghi, l’Italia era infatti al 35esimo posto, appena una posizione sopra. Col governo Conte 1, nel 2019, eravamo al 37esimo posto, più in basso di oggi. Nel frattempo, pur avendo una maggioranza accusata di essere “omofoba”, il rating italiano è migliorato, passando dal 19,4 di cinque anni fa al 25,4 di oggi.

LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Ritornello: l’esecutivo ha un problema col dissenso. Il caso che ha fatto scatenare la sinistra è stato in particolare quello della presunta censura ad Antonio Scurati in merito al monologo sul 25 aprile che avrebbe dovuto declamare in una trasmissione Rai. La questione è finita addirittura sui giornali internazionali, come prova che all’estero sarebbero molto preoccupati per quello che sta succedendo in Italia. Peccato però che Marina Soldi, presidente Rai non certo vicina alla destra, sentita in commissione di Vigilanza ha spiegato: «Nessuna censura, sono state violate le regole aziendali». Un’altra bolla della sinistra che è scoppiata...

RISCHIO FASCISMO
E legato alla libertà di espressione, poteva mancare il rischio fascismo? Certo che no. L’accusa alla Meloni è sempre quella di non aver mai detto “parole chiare” sull’argomento. In realtà, il premier ne ha parlato più volte. Discorso alla Camera per ottenere la fiducia (25 ottobre 2022): “A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso”. 25 aprile 2023: “Da molti anni i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”. 25 aprile 2024: “La fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia”. Insomma, parole chiare sono state dette. Che poi la sinistra non voglia ascoltarle è un altro discorso.

QUESTIONE CLIMATICA
“La destra nega la crisi climatica”. Questa frase viene ripetuta in automatico e per molti è ormai un dato di fatto. Ma per smentirla basta andare a leggere i programmi elettorali. Questo è quello di Fdi: «L’ecologia è uno dei pilastri del pensiero conservatore: la biodiversità che nasce dall’incontro tra uomo e natura fa parte del patrimonio che vogliamo conservare e trasmettere ai nostri figli».

Però, «il raggiungimento degli obiettivi climatici deve essere economicamente e socialmente sostenibile, senza approcci ideologici, obiettivi irraggiungibili e oneri sproporzionati per cittadini e imprese. Le eco-follie del Green Deal scritto dalla sinistra europea ci condannano ad una “decrescita infelice”. Vogliamo cambiare queste regole e creare le condizioni per salvaguardare l’ambiente, rendendo le nostre imprese più sostenibili e competitive».

CANDIDATURE
E siamo all’ultimo slogan, usato molto da Conte contro Meloni. «Io non ho fatto la pagliacciata di mettere il mio nome nel simbolo o candidarmi pur sapendo che rimarrei al parlamento italiano», ha detto il capo M5S. Per lui la leader di Fdi prenderebbe in giro gli elettori e il voto per lei sarebbe inutile. È strano, però, pensare che dopo le elezioni la Meloni non si occuperà di quello che succederà a Bruxelles, essendo tra l’altro, oltre che premier, leader dei Conservatori europei. Insomma, come riconosciuto anche dai media internazionali, Giorgia sarà al centro dei giochi. E i voti che prenderà, avranno ovviamente un peso importante.

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