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A sinistra ormai vedono fascisti e rischi di regime perfino nel vino e nel taglio delle fette di torta

Francesco Storace
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Coraggio ragazzi, lunedì la campagna elettorale sarà finita, sfornerà i risultati e per qualche mese non dovremmo più sentir parlare di fascismo. Questa è l’ultima settimana e non la decima potremmo dire, dopo l’ennesima uscita un po’ ubriaca della sinistra che prende tutti i pali della luce. È bastato il segno di una croce sul simbolo da parte del generale Vannacci - che l’ha chiamata appunto Decima- che gli ululati si sono sentiti ovunque. 

Ad Afragola, in Campania, il bis. Ad una manifestazione per le europee della Lega – un incontro conviviale per la presentazione della lista – alla fine del pranzo è stata servita una torta. E come si fa in ogni occasione elettorale il classico taglio della prima fetta visualizza una scheda elettorale, e solitamente di dice: «Mi raccomando, si vota così», con tanto di X sul simbolo. Non lo avessero mai fatto. Quel Decima di qualche giorno fa è risuonato per bocca di uno degli astanti ed è esplosa una polemica furibonda. Motivo: c’era Pina Castiello, sottosegretaria leghista e quindi dagli addosso al governo. La Castiello, che magari mira ad essere più la prima che la decima, è stata assediata dai caschi blu e rossi del Pd, con il povero Sandro Ruotolo in testa, che è disperato non sapendo se riuscirà ad agguantare il seggio Ue nella lista della Schlein. 

CROCI E CROCIATE
In un’esplosione di isteria, Ruotolo ha detto che per quella fetta di torta «la sottosegretaria Pina Castiello non deve restare un solo minuto ancora al suo posto e il governo deve prendere le distanze da chi ha offeso la memoria di tante vittime del fascismo proprio nelle ore in cui si celebrava la Festa della Repubblica». Il baffone del Nazareno ha imbastito una specie di crociata contro la sottosegretaria il cui video alla festa con torta è apparso sui social. Roba da pazzi.

Mica è finita con le follie di marca alimentare della sinistra. Persino il povero Bruno Vespa ha dovuto subire le reprimende comuniste (altra parola introvabile). Si sono accorti che il vino prodotto dal celebre giornalista è venduto anche sul Frecciarossa che meno male non si chiama nera. A denunciare la malefatta la rubrica di Francesco Merlo su Repubblica. Con il “problema” segnalato da un lettore. Pronta la risposta intelligentissima di Merlo: «Vespa è l’intervistatore seriale di Giorgia Meloni in Rai», risponde con l’uso di una parola – seriale, appunto – che sempre più spesso è accostata a crimini. Lui la adopera invece per le interviste alla premier.

 

IL BRUNO
Scrive il lettore Manuel Orazi al quotidiano della sinistra più colta che ci sia: «Giovedì sera sul Frecciarossa Milano-Ancona, alla carrozza bar, ho chiesto che vino avessero e mi hanno mostrato 4 mezze bottiglie diverse fra cui “Il Bruno”, primitivo del Salento dell’azienda di Bruno Vespa».

Quattro scelte, dunque, non una. Pluralismo enologico potremmo dire. E a quel lettore si può anche perdonare la battutaccia: «Certo, deve essere proprio buono il vino vispo per venire selezionato, fra tanti possibili, nell’offerta del bar di Trenitalia». Imperdonabile è invece il giocherellare sulle parole da parte di Merlo: «Sta forse insinuando che il vino di Bruno Vespa è “raccomandato”, come al tempo dei gerarchi vignaioli, quelli del vino “bello e bellicoso”? Lungi da me il sospetto che anche le cantine delle Ferrovie siano “orientate” dal ministro dei Trasporti Salvini, dal Lollo del mangiare italiano... e dagli altri avventori di Porta a Porta». Una cretinata del genere la si può appunto definire cretinata? Probabilmente Merlo deve aver bevuto troppo e male.

 

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