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Rosy Bindi, a volte ritornano: l'opposizione riparte da lei

Francesco Specchia
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Rieccola. Rosy l’immacolata, un grande futuro dietro le spalle. «I tempi sono maturi perché Bindi diventi la prima donna di governo dopo 150 anni di storia d’Italia», «Bindi è l’ideale per l’emergenza democratica», «Bindi è il profilo giusto per guidare una rapida transizione verso la normalità». Bindi, sempre Bindi, fortissimamente Bindi.

Quando Gad Lerner su Vanity Fair e Nichi Vendola dalla Regione Puglia pronunciavano le frasi suddette, e si consumavano nella suggestione che Rosy Bindi potesse essere il collante ideale d’una ammucchiata di stampo prodiano contro gli Unni berlusconiani, be’, correva l’anno 2011. L’idea di base era quella di cancellare il Cavaliere dalla geografia politica, cambiare la legge elettorale, regolare il conflitto d’interesse e neutralizzare il sistema stampa-tv di Silvio, che per i comunisti d’allora era un po’ come la Morte Nera di Star Wars. Naturalmente non si realizzò nulla di tutto questo. Eppure. Eppure, 23 anni dopo, il passato ritorna implacabile: la Rosy Bindi spunta ancora all’orizzonte dell’ammucchiata democratica, stavolta nei panni dell’aspirante federatrice, una specie di Prodi col mitra. La sequenza delle sue raffiche è impressionante.

 

 

 

L’ANNUNCIO

Avverte ad Agorà Estate su Raitre che «domani (oggi, ndr) sarò anche io in Cassazione a depositare il quesito per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata. E poi dovremo vigilare sul premierato». E il bello che lo dice dimenticandosi che fu lei, da Ministra della Sanità, nel ’96, a contribuire alla riscrittura del Titolo V della Costituzione con la ridefinizione del rapporto tra stato e territorio proprio in ambito sanitario (con l’inserimento dell’art.116 3° comma, ossia di quell’autonomia differenziata di cui ora Rosy vorrebbe fare strame).

Bindi evoca, di fatto l’unità nazionale contro «il governo» dell’autonomia differenziata specificando «cercherei di evitare di usare il termine Fronte popolare. Se è giusto usarlo per la Francia in questo momento credo che il termine Fronte popolare non sia adeguato per il nostro Paese».

Bindi, oramai da mesi a questa parte, sta imponendo il suo pensiero quaresimale su tutto. Su Gaza: «Una cosa è il razzismo e l’antisemitismo, una cosa è in questo momento criticare il governo di Netanyahu e difendere il popolo palestinese. Unico modo che c’è per trovare la pace lì è due Stati e due popoli», non esattamente un pensiero esclusivo. Su Renzi e Calenda: «Devono decidere dove stare, uno pieno di sé, l'altro sta dove gli conviene di più». Sull’educazione alla legalità: «Se in Italia c’è una crisi profonda è perché la nostra Carta Costituzionale, la nostra democrazia sono molto esigenti», roba che fa tanto Costantino Mortati. Sulle candidature europee: «Gli elettori la pensano come Tarquinio e Strada, non come i dirigenti che hanno votato l’escalation militare», sconfessando la linea della segreteria Pd. Sulla morte del bracciante Satman Singh: «Non siamo un paese buono anche perché il caporalato esiste da sempre» anche dai sui tempi, in effetti. Sul tradimento della politica: «Siamo di fronte a sfide molto complesse.

 

 

 

Se dopo 29 anni ho lasciato la politica attiva è perché ho capito che di fronte alle sfide di oggi non avevo la soluzione», ma in realtà Rosy lasciò la politica attiva perché, banalmente, dopo aver scommesso – e perso - contro la Schlein, non l’avevano candidata. Sulla Sanità, poi, Rosy è consultata ad ampio spettro, dal tetto alla assunzioni, alla spesa in rapporto al Pil, all’abuso delle supposte al cortisolo. Altri temi dove, random, ne è richiesta la fondamentale opinione: corruzione, astensionismo elettorale, evasione fiscale, il governo in genere.

Rosaria Bindi detta Rosy, a 73 anni ha formalmente abbandonato la politica dal 2018. Ma la sua funzione oracolare passa prepotentemente dalle scalette dei talk show ai dibattiti di partito e alla strategie di un campo largo in continuo divenire. Rosy, da pensionata, accumula incarichi e poltrone in modo impressionate. Nel 2019 è Presidente onorario dell'Associazione Salute Diritto fondamentale che, fondata insieme ad esperti di politiche sanitarie, medici, giuristi, si occupa della sanità pubblica. A partire dal 2020 fa parte del Comitato scientifico Lavialibera, il bimestrale di don Ciotti di approfondimenti su corruzione e migrazioni. Dal 2021 diventa docente della Pontificia Università Antonianum, dove si occupa di attività di formazione e ricerca sui temi della legalità e del contrasto alle mafie.

 

PACIOSAMENTE AGGUERRITA

Paciosamente agguerrita, cristianamente affilata, simpaticamente ostativa («Mi aspetto sempre un ceffone se non sono d’accordo con lei», diceva il vicino di scranno Luigi Berlinguer), Bindi resta persona dabbene. Epperò, diciamo che affidare a lei strategie politiche a lungo termine può non essere un’idea geniale. Scriveva di lei Giancarlo Perna in un memorabile ritratto: «Insieme a Martinazzoli, fece di meglio: sciolse la Dc, creò il Partito popolare e si ritrovarono con un terzo degli elettori. Di lì a poco, non ebbero più nulla. Il Ppi naufragò e la democristianità residua, con Bindi mosca cocchiera, si trasferì nell’Ulivo e divenne una cosa sola con gli ex comunisti. Ogni volta che è stato premier, Romano l’ha ricompensata con la poltrona di ministro..». Certo, come si diceva per Mussolini, Rosy Bindi ha fatto anche cose buone. Il compito del Pd è capire, di preciso, quali...

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