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Meloni, Salvini e Tajani: i condannati ai compromessi di Bruxelles

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Lega e Forza Italia ieri hanno fatto a sportellate sul voto in Europa, la conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione e il peso dei partiti nelle decisioni dell’Unione.

Buono per farci dei titoli, inutile sul piano politico. Trasferire i cavoletti di Bruxelles sul menù dove domina la carbonara di Roma è un errore che qualsiasi chef evita, le regole delle due cucine sono diverse: nel Parlamento europeo le maggioranze si formano sulla base di programmi che di volta in volta vedono le alleanze scomporsi e ricomporsi. Le dinamiche del Parlamento e della Commissione non coincidono: Giorgia Meloni nella scorsa legislatura ha collaborato con Ursula von der Leyen su alcuni dossier importanti (tra i tanti, energia e immigrazione) mentre su altri punti ha espresso voto contrario, dunque il “no” sul bis di Ursula non cambia la partita, è una posizione coerente che nel frastagliato quadro europeo rende il contributo di Fratelli d’Italia più prezioso, perché Meloni ha la premiership e perché i voti di FdI in questo scenario incandescente (occhio allo Yemen e alla crisi del Mar Rosso) saranno presto necessari (...)

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