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Lega, multa da 5mila euro per chi dice "sindaca". Il ddl fa insorgere la sinistra: "Trogloditi", "Indegni"

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Roba da far impazzire Laura Boldrini e le femministe più accanite: proibire per legge l’uso del femminile nei titoli pubblici. Questa la nuova proposta della Lega. Il disegno di legge, presentato dal senatore toscano Manfredi Potente, mira a eliminare termini come "sindaca", "questora", "avvocatessa" e "rettrice". Chi non rispetterà questa norma rischia una multa fino a cinquemila euro. Una multa, insomma, contro gli eccessi della desinenza.

Secondo quanto riportato dall'agenzia AdnKronos, il disegno di legge, intitolato "Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere", ha come obiettivo dichiarato quello di "preservare l'integrità della lingua italiana" e "evitare l'impropria modificazione dei titoli pubblici per adattarli alle diverse sensibilità del tempo".  L'articolo 2 del progetto prevede che "in qualsiasi atto o documento emanato da enti pubblici o da altri enti finanziati con fondi pubblici, è fatto divieto di utilizzare il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze e agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge". E ancora, l'articolo 3 stabilisce il "divieto del ricorso discrezionale al femminile o a qualsiasi sperimentazione linguistica", ammettendo solo "l'uso della doppia forma o del maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza connotazione sessista". L'articolo 4, dedicato alle sanzioni, prevede multe da 1.000 a 5.000 euro per le violazioni.

Nella premessa del disegno di legge, Potente ricorda come l'Università di Trento abbia introdotto l'uso del "femminile sovraesteso" per le cariche e i riferimenti di genere, utilizzando termini femminili anche per incarichi ricoperti da uomini, come nel caso del titolo "rettrice". Il senatore cita i dubbi del linguista Luca Serianni e la contrarietà del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, riguardo alla decisione dell'Accademia della Crusca di declinare al femminile le cariche pubbliche. Secondo Potente, è necessario "scongiurare che la legittima battaglia per la parità di genere ricorra a questi eccessi non rispettosi delle istituzioni". Potente avverte che decisioni prese da una "sindaca" potrebbero addirittura essere impugnabili poiché il termine non è previsto dal nostro ordinamento.

La proposta leghista, ovviamente, ha fatto insorgere il campo progressista. Ad aprire le danze ecco Michela Di Biase, deputata Pd, che su X tuona: "Secondo la Lega in nome della lingua italiana dovremmo sanzionare chi l'italiano lo parla correttamente. I trogloditi che per rimuovere il rispetto del genere femminile farebbero di tutto leggano la Treccani". Quindi, sempre tra i dem, spunta la senatrice Cristina Tajani, che apre il fuoco sempre su X: "Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi... chissà se il senatore Potenti, che propone di proibire l'uso del femminile professionale, vorrà multare anche i fedeli che recitano il Salve Regina".

Quindi, da Avs, ecco Aurora Floridia: "È con grande sdegno che apprendiamo dell'ultima proposta della Lega, che attraverso un disegno di legge a prima firma del senatore Potenti intende proibire l'uso del femminile negli atti pubblici. Termini come 'sindaca' e 'rettrice' verrebbero aboliti, e chi non si adeguasse sarebbe soggetto perfino a una multa fino a cinquemila euro". E ancora: "Questa proposta rappresenta un grave passo indietro nella lunga e faticosa lotta per la parità di genere. Il linguaggio è un potente strumento di inclusione e riconoscimento delle identità. Cancellare il femminile significa negare visibilità e dignità alle donne che ricoprono ruoli di responsabilità e prestigio nella nostra società", sostiene la Floridia.


 

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