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Manganello democratico contro il governo Meloni: i familiari delle vittime inchiodano il Pd

Brunella Bolloli
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È sempre colpa sua. Del passato che torna, del presente che non è come vorrebbero gli altri, quelli che da fine 2022 non ricoprono più ruoli di potere e si arrabattano, come possono, per provare a demolire gli avversari politici cavalcando lo spettro del fascismo che torna, o anzi non è mai finito, e della democrazia che non c’è. Hai visto mai che a furia di cercare scheletri nell’armadio qualche schifezza viene fuori. Forse perfino una strage.

Così, le celebrazioni in ricordo delle vittime della strage di Bologna (85 morti, oltre 200 feriti in quel maledetto 2 agosto 1980) sono diventate ancora una volta motivo di scontro, ma stavolta ancora di più: più tonanti le critiche dal palco della piazza bolognese, più diretti ed espliciti gli attacchi a Giorgia Meloni - è sempre sua la colpa pure per la stagione delle stragi - e al suo mondo, al partito di Fratelli d’Italia che ha fondato e fatto crescere facendolo diventare forza di governo e che però sconta il fatto di avere un peccato originario: è di destra, comprende tanti ex An, sono gli «eredi della Repubblica di Salò» e quindi il «tentativo di nascondere le radici di una storia che è diretta emanazione del periodo buio del regime» e che ha prodotto, negli anni di piombo, «tanti protagonisti delle trame e delle stragi nere».

 

 

A leggere ieri alcuni quotidiani c’era da credere che davvero sull’attentato di Bologna ci possa essere stato lo zampino della Meloni (che all’epoca aveva 3 anni) odi chi è con lei a Palazzo Chigi. Il Manifesto, che però va compreso è il quotidiano comunista per eccellenza, lo riporta anche nella testata, titolava: “L’eredità” con sullo sfondo la foto della stazione di Bologna con l’orologio fermo all’orario della strage e accanto il commento su «La matrice che non si può nascondere».

Ma molto oltre sono andati in duplex Repubblica e Stampa, il primo con l’articolessa di Massimo Giannini, in cui praticamente si sentenzia che un partito che rappresenta il 30 per cento degli italiani è incompatibile con la costituzione repubblicana e che le dichiarazioni della Meloni in risposta alle frasi «più che legittime di Paolo Bolognesi», presidente dell’Associazione familiari Vittime della Strage di Bologna, sono «vergognose». Insomma, la leader di Fdi non doveva rispondere a chi in pratica la accusava di contiguità con gli stragisti: doveva stare zitta e subire. Il secondo quotidiano del gruppo ha sfoderato un’intervistona alla segretaria del Pd, Elly Schlein, in cui, sai che novità, si attacca Fratelli d’Italia perché ha ancora la fiamma nel simbolo. I

nsomma, non potendo contestare le parole della presidente del Consiglio che ha riconosciuto, nella sua nota di ieri, che per le sentenze sono stati i neofascisti a mettere la bomba, si torna sulla fiamma, ultimo appiglio a cui la sinistra può aggrapparsi per gridare al pericolo fascismo dalle parti di via della Scrofa. Comunque alla domanda di Annalisa Cuzzocrea alla Schlein: “Quando la premier parla di odio politico e di un dibattito avvelenato che mette a rischio la sua incolumità, non crede abbia delle ragioni?», la segretaria ha svicolato non rispondendo né sì né no ma «contro la violenza politica dobbiamo essere tutti schierati e il Pd di certo lo è».

Di sicuro lo scontro scaturito, venerdì, dopo il discorso pubblico di Bolognesi ha avuto un effetto devastante: dividere le associazioni che da anni si occupano dei familiari delle vittime. Infatti Roberto Della Rocca, presidente di Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), nel ricordare «la più feroce strage terroristica italiana di matrice fascista», si è dissociato dalle esternazioni dell’ex parlamentare del Pd. «Sono costretto a prendere le distanze dalle posizioni espresse dal palco della stazione di Bologna da Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione 2 agosto, in particolare nel seguente passaggio: “Le radici di quell’attentato affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni nate dal Msi negli anni Cinquanta: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale che oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo”».

Non solo, per Aiviter «si tratta di un governo legittimamente e democraticamentee eletto dal popolo italiano, la cui guida ha più volte marcato una evidente discontinuità con presunti antecedenti politici». Aiviter concorda poi con la premier Giorgia Meloni circa «l’invito di ristabilire il confronto politico all’interno di una cornice di normale e civile dialettica in quella che, grazie ai sacrifici di tanti, è ormai una democrazia solida e matura». Chissà se il caso è chiuso.

 

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