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Sinistra, il vero guaio dei compagni è la classe dirigente

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Pietro Senaldi
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La sinistra farebbe bene a ripartire da Romano Prodi. Non solo perché il professore è, a parte Grillo, che però è dichiaratamente allergico al Pd, l’unico in ottant’anni di storia repubblicana che è riuscito a sconfiggere il centrodestra nelle urne, aiutato dal fatto di essere democristiano prima che di sinistra. Deve ripartire da Prodi perché è il più lucido e, forse grazie all’età, il più intellettualmente onesto. Lui non stima per nulla Giorgia Meloni, è noto, ma è consapevole che il governo, malgrado le macumbe quotidiane dei gufi rossi, terrà. Il motivo? «Manca un’alternativa credibile» sentenzia il due volte premier ulivista, le cui alternative credibili non sono durate quanto il governo di Giorgia.

CAOS COALIZIONE
Il tema è la coalizione, dicono gli onorevoli. «Non ha un programma» sintetizza Prodi. Sta insieme contro e non per qualcosa. Vecchia storia, capitava anche ai tempi suoi, verrebbe da dire. La differenza però è che allora il cartello anti-centrodestra non reggeva in aula ma era credibile fuori, agli occhi degli elettori. Oggi non più. Lo spettacolo che danno i partiti dell’aspirante campo largo è penoso.

Elly Schlein ha trovato il mantra: tutti insieme, ripete, e con questo slogan cerca di dribblare le divergenze che si ripropongono quotidianamente. Il programma poi è su per già lo sfregamento della lampada di Aladino: più soldi per la sanità, stipendi più alti per tutti, sostegno ai poveri, investimenti sulla scuola, rivoluzione ambientale. La bellezza di stare all’opposizione, luogo magico dove per sentirsi ricchi bastano i soldi del Monopoli. Il suo sì che è un piano di governo inclusivo: ognuno può far quel che vuole, finanzia Pantalone. Gli italiani però credono poco alle favole. Infatti Fratelli d’Italia sfiora il 30% mentre Lega e Forza Italia fanno a gara tra loro sotto il 10. Forse il punto è che il problema della classe dirigente ce l’ha la sinsitra, e non la destra. I capetti progressisti sono tanti e incompatibili tra loro.

 

 

 

RENZI E CALENDA
La segretaria, ovunque si giri, ha due problemi. Alla sua destra c’è Matteo Renzi. Quando ha capito che il centro ha poco futuro, specie se i centri sono due, il suo e quello di Carlo Calenda, il fu rottamatore ha bruciato il rivale sul tempo e si è buttato a sinistra, con determinazione, qualità che manca all’altro. Probabile che abbia stipulato il seguente patto con Schlein: tu stai portando il Pd sempre più a sinistra, io ti copro il fronte moderato progressista e tu mi ripaghi con un tot di parlamentari. Il guaio è che il diavolo fa le pentole ma gli elettori non vogliono metterci il coperchio e due simpatizzanti dem su tre sono contrari all’accordo, opinione condivisa anche da parecchi militanti e parlamentari.

Questo illude il leader di Azione che sul più bello Renzi sarà escluso dal campo largo e lui potrà essere il solo rappresentante della sinistra moderata. Ma Calenda, che ormai è ossessionato da Renzi e calcola ogni mossa sudi lui, fa i conti senza l’oste. I suoi, che hanno creduto ai discorsi garantisti e liberali dell’ex ministro (guardacaso) renziano e ora che lo vedono tingersi di rosso, sono pronti ad alzare le tende.

Ma il pericolo vero Schlein ce l’ha a sinistra. Giuseppe Conte le è necessario per vincere ma non ne riconosce la leadership. Non è detto che non mediti di farle lo scherzetto che ha già giocato a Enrico Letta. Incollarsi alla ruota per restare in corsa e dare una quadratura al suo partito, che altrimenti si ritroverebbe allo sbando ma al momento buono trovare una scusa per staccarsi, alzare il prezzo per avere il posto in prima fila anche se arrivato secondo o terzo. Chi lo conosce, confessa che Palazzo Chigi manca più a lui che a Renzi, perfino... E sarà proprio Renzi la scusa per staccarsi dalla segretaria dem.

Occhio poi alla coppia Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, le lepri rossi che spingono la segretaria verso lidi dove il consenso progressista si perde ma non si recupera quello più estremo, perché a presidiare il campo c’è proprio Avs. La natura movimentista porta la segretaria a staccarsi dal centro, e non bastano le foglie di fico di Renzi e Calenda per coprire il gioco. La cosa davvero incredibile è che, nonostante tutto questo minestrone, a sinistra qualcuno sia davvero convinto che Forza Italia sia tentata di mollare la destra a se stessa per fare la destra del campo largo. Non oggi, forse non domani, ma un giorno... A parte che gli azzurri hanno fondato il centrodestra e non lo molleranno mai, chi si metterebbe nel caos largo? 

 

 

 

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