Quel legame fra Donald e Leone

Le cose non accadono per caso, la storia si ripete, in altre forme e con fini e fili che si intrecciano
di Mario Sechimartedì 13 maggio 2025
Quel legame fra Donald e Leone
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La storia ha sempre un suo disegno, ciò che appare come una carambola di fatti indipendenti, alla fine trova un senso e gli uomini diventano lo strumento dello spirito del tempo. Due sono le figure chiave a cui guardare con speranza, Donald Trump e Papa Leone XIV, il leader della nazione più potente del mondo, il nuovo Pontefice, la voce della Chiesa, il pastore di Cristo.

Non c’è nessuna iperbole nell’accostamento di due caratteri così diversi, hanno una missione a cui non possono sottrarsi, vediamo perché. Donald Trump non piace alla sinistra e ai liberali da salotto, già questa è una buona ragione per guardare con molta speranza a cosa fa (e non fa). L’uomo è un sottosopra, il Presidente è un tornado. Da 113 giorni alla Casa Bianca, ha innescato un domino di eventi che ai suoi avversari sembra il disegno di un matto, ma a chi osserva le sue mosse dal 2016 (e disse che avrebbe vinto le elezioni presidenziali) appare esattamente quello che è, Donald che fa Trump.

Mentre scrivo, Wall Street vola sulla scia di una serie di notizie: negoziato commerciale tra Stati Uniti e Cina, con sospensione dei dazi; trattative dirette tra Russia e Ucraina in Turchia (non accadeva dal marzo 2022); cessate il fuoco tra India e Pakistan (uno dei punti toccati da Papa Leone XIV nel suo Regina Caeli); viaggio di Trump in Medio Oriente, un risiko che riguarda l’assetto complessivo della regione, la guerra a Gaza (ieri Hamas ha liberato un ostaggio americano, non è un caso) e il dialogo con l’Iran sul nucleare. Trump è un acceleratore della storia. Papa Leone XIV è un americano nato nel Nord (Chicago) e forgiato nel Sud (Perù), Robert Francis Prevost è un «figlio di Agostino», ha un carattere riflessivo, parla di Cristo e di pace in terra, ha rimesso la Chiesa al centro del paese. Come fu Karol Wojtyla per Ronald Reagan, l’arrivo di un nuovo Pontefice può aiutare gli Stati Uniti a tessere la tela, soprattutto se la diplomazia vaticana riprenderà a funzionare, restituendo alla Segreteria di Stato (vedremo se sarà riconfermato il cardinale Pietro Parolin) il potere e l’autonomia che Bergoglio aveva tagliato, elementi fondamentali per riattivare la straordinaria rete delle nunziature e consegnare l’ambasciata potente della parola del Papa.

Attenzione al gioco a dadi del destino: il negoziato tra Russia e Ucraina si terrà giovedì in Turchia, ci sarà Zelensky, Putin per ora è silente, Trump ha detto che è pronto a fare tappa a Istanbul e si dice che nel viaggio di ritorno potrebbe atterrare a Roma domenica, per assistere alla messa del Papa, dove ci sarà il vicepresidente JD Vance. Quanti incroci, segnali, coincidenze. Viene in mente Shakespeare: «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia».

Le cose insondabili in questa storia non sono esaurite: il Papa ieri ha avuto un colloquio telefonico con Zelensky e il suo primo viaggio all’estero sarà in Turchia, per celebrare i 1700 anni del Concilio di Nicea. Le cose non accadono per caso, la storia si ripete, in altre forme e con fini e fili che si intrecciano. Quanti accordi ha la storia nel suo spartito? Il 26 aprile scorso scrissi che «la Chiesa ha un modello a cui ispirarsi: il Concilio di Nicea del 325 che regolò il rapporto tra Papa e Imperatore, Chiesa e potere politico, un evento che ha cambiato la storia, «La scommessa di Costantino» raccontata in uno splendido libro di Gian Guido Vecchi e Gian Maria Vian edito da Mondadori. Francesco ha visto prima di tutti il trauma di un’epoca, ma gli sono mancati la forza e il tempo, l’organizzazione e le idee, per promuovere un altro Concilio di svolta sui nuovi imperi e la Chiesa universale, sulla pace e sulla guerra. Il tempo gioca a dadi con i nomi e i luoghi, Nicea era un’antica città dell’Asia Minore, oggi è la Turchia di Erdogan, il Paese dove si svolse senza fortuna nel marzo del 2022 l’unico tentativo di chiudere la guerra in Ucraina, un incontro mancato tra Oriente e Occidente. «La storia non è mai ieri, è sempre oggi». Trump e Prevost, il Presidente e il Papa, Cesare e Dio, la guerra e la pace. È oggi, 1700 © RIPRODUZIONE RISERVATA anni dopo.