Alla sinistra italiana e al suo coretto di giornali e talk show va posta una domanda: volete l’invio di soldati italiani in Ucraina? Ogni volta che si affronta il tema, nei dibattiti e in Parlamento, la risposta oscilla tra il no e il balbettio, la smorfia e la fuga dalla realtà. La posizione del governo Meloni è chiara: sostegno all’Ucraina, ma niente truppe Nato all’avventura in territorio ostile, sotto il tiro dell’artiglieria russa, il piano di Francia, Regno Unito e Germania non è condiviso da Palazzo Chigi, dunque Roma non partecipa al format dei «volenterosi». Meloni lo ha ribadito anche ieri, ma la rotativa unica del giornalismo è già partita con il titolo automatico: «L’Italia è isolata». Di isolato c’è solo il cervello in redazione, visto che non ci vuole un corso all’accademia militare di West Point per capire che salire sul carro di Macron, Starmer e Merz è un errore politico pronto a trasformarsi in un fiasco militare.
Quadretto della formidabile armata dei «volenterosi»: Macron non ha una maggioranza e cola a picco nei sondaggi; Starmer è in crisi nera, i laburisti hanno perso le elezioni locali contro Reform UK e ora parla come un leader di destra e chiude le frontiere all’immigrazione per cercare di fermare l’emorragia di consensi; Merz ha fallito la prova della prima fiducia al Bundestag (un fiasco storico), il cancelliere è un’anatra zoppa.
Emmanuel Macron stranamore alla guerra nucleare
Aerei da caccia francesi Rafale armati di bombe nucleari in territorio europeo per compensare il progressivo disimpegno ...Sul piano militare, le cose vanno alla grande: i francesi hanno ritirato le truppe dal Mali, creando ulteriore caos nell’Africa sub -sahariana, non si ha notizia di una loro vittoria dai tempi di Napoleone, in Indocina sono caduti a Dien Bien Phu, in Algeria dopo anni di guerra hanno dovuto lasciare il campo; gli arruolamenti nell’esercito britannico negli ultimi anni sono in forte calo, segno che gli inglesi non hanno nessuna voglia di andare a combattere in Ucraina e basta leggere i rapporti parlamentari sulla Difesa per avere il quadro di un esercito che non funziona; quanto alla Germania, le forze armate sono in condizioni pietose, mancano i militari, i giovani non pensano di andare al fronte, gli aerei di trasporto truppe sono vecchi, alla fine del 2022 un’inchiesta della Frankfurter Allgemeine Zeitung raccontava della mancanza di tende, scorte di carburante e munizioni che potevano bastare solo per pochi giorni di battaglia. Così organizzati, i «volenterosi» dovrebbero andare a difendere l’Ucraina contro la Russia.
Siamo di fronte a leader che non hanno mai visto la guerra, tacciono sui rischi di un confronto nucleare con la Russia, non hanno memoria e formazione storica, per loro vale quanto disse il generale Bernard Law Montgomery durante un dibattito alla Camera dei Lord, il 30 maggio del 1962: «La prossima guerra di terra sarà molto diversa dall’ultima, in quanto dovremo combatterla in modo diverso. Nel prendere una decisione in merito, dobbiamo prima essere chiari su alcune regole di guerra. La regola numero 1, alla pagina 1 del libro di guerra è: “Non marciare su Mosca”. Ci hanno provato in tanti, Napoleone e Hitler, e non va bene». Montgomery citava anche la regola numero 2: «Non andate a combattere con le vostre truppe di terra in Cina».
Sono gli alleati di oggi, la storia ama ripetersi.
Cosa stanno raccontando agli europei Macron, Starmer e Merz? Stanno spiegando ai loro parlamenti che cosa vogliono fare in Ucraina? Hanno illustrato all’opinione pubblica un piano credibile per assicurare la pace in Ucraina? Come pensano di controllare un territorio immenso e un fronte di guerra che si estende per oltre 800 chilometri? E come immaginano di sorvegliare il confine con la Bielorussia (l’alleato di Mosca) lungo più di 1000 chilometri?
Secondo un articolo pubblicato in febbraio su Foreign Affairs «diverse valutazioni militari suggeriscono che sarebbero necessarie tra i 40.000 e i 200.000 soldati per far rispettare la pace e dissuadere la Russia da futuri attacchi. L’estremo superiore di questa scala non è semplicemente fattibile, date le forze esistenti e la disponibilità; i colloqui attuali si concentrano invece sull'estremo inferiore, con una proposta di dispiegamento di circa 50.000 truppe europee».
In questo scenario, difendere l’Ucraina significa prima di tutto fare un esercizio di chiarezza, esattamente quello che i «volenterosi» stanno evitando. Il governo Meloni, a differenza di quelli di Germania, Francia e Inghilterra, ha chiaro il rischio strategico, ha compreso che non c’è pace senza condizioni ben definite con gli Stati Uniti e la Russia. Qualche giorno fa il Cremlino faceva notare che la posizione di Mosca sull’Ucraina è condivisa dagli altri Paesi Brics, la cosa è passata inosservata, ma si tratta di una sfida al vecchio ordine uscito dagli accordi di Jalta del 1945. Il messaggio è che la Russia non è sola e basta un’escalation ulteriore per allargare la guerra su altri fronti.
La sinistra italiana straparla di pace in un macabro festival dell’incoerenza e dell’irresponsabilità, fa esperimenti da fachiro nell’appoggiare Francia, Regno Unito e Germania, le cui sortite non hanno per niente dato una mano ai colloqui di Istanbul. L’opposizione dimentica che c’è la guerra, si allinea a Macron che parla di dispiegare le bombe atomiche francesi in Europa e, mentre sfilano le majorettes, ignora il fatto che l’amministrazione Biden ha chiesto all’Ucraina più volte di abbassare l’età dell’arruolamento a 18 anni, perché questo conflitto non consuma solo l’artiglieria, ha bisogno di più uomini sul fronte, giovani che vanno a morire.
Dopo tre anni guerra e centinaia di migliaia di morti, siamo al punto di partenza: la Russia non può perdere e l’Ucraina non può vincere. È un rebus strategico che non si risolve con una foto su un treno per Kiev.