"Sarebbe molto grave se i sindacati della Fenice di Venezia avessero chiesto al sovrintendente Colabianchi 44mila euro per far eseguire all’Orchestra e al Coro del Teatro, già finanziato con soldi pubblici, l’Inno nazionale per celebrare la Festa della Repubblica. Sarebbe una vergogna nazionale". Con queste durissime parole Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera, responsabile Cultura e Innovazione di Fratelli d'Italia, commenta quanto riportato dall'agenzia Adnkronos sul "caso Venezia".
L'Anfols, l’Associazione Nazionale delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche, aveva proposto di eseguire l'Inno d’Italia con l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice tra Piazza San Marco e Palazzo Ducale, a Venezia, in occasione della Festa della Repubblica. Una idea abbracciata e sostenuta anche dal Ministero della Cultura, che avrebbe stanziato 40mila euro per realizzare e trasmettere su Rai 1, subito dopo il Tg1 delle 20 il contributo musicale il 2 giugno. Nessuno però aveva fatto i conti con il "no" dei sindacati.
Secondo la ricostruzione dell'Adnkronos, i rappresentanti dei lavoratori della Fenice avrebbero presentato una richiesta economica più alta, intorno ai 44.000 euro, più 10.000 circa di spese per la Fondazione relative soprattutto alla logistica. Qui si apre un secondo capitolo perché essendo le maestranze della Fenice già stipendiate dalla Fondazione, la richiesta sarebbe stata per indennità extracontrattuali dei lavoratori. Una cifra complessiva giudicata da molti "fuori scala" rispetto a quanto richiesto normalmente da altre prestigiose orchestre italiane o internazionali.
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C'è una parte di sindacato che si ribella alla "dittatura" anti-governativa di Maurizio Landini e d...Il sovrintendente della Fenice, Nicola Colabianchi, trovandosi nell’impossibilità di coprire tali costi, avrebbe proposto una soluzione alternativa: utilizzare solo l’Orchestra, escludendo il Coro. Ma anche questa ipotesi sarebbe stata respinta, con il rischio concreto che la Fenice non partecipi affatto a un evento pensato proprio per valorizzare le massime istituzioni musicali del Paese. L’Anfols, infatti, ha proposto al Ministero di avviare una tradizione: quella di registrare di anno in anno con le orchestre dei Teatri d’Opera (le massime istituzioni musicali del Paese) l’Inno d’Italia da un luogo celebre delle città in cui hanno sede. E la scelta, per il primo anno, è caduta su Venezia. C'è da aggiungere con un nome notissimo nella nostra scena lirica, il tenore Vittorio Grigolo, si era offerto per cantare gratis l'inno, nonostante gli impegni già presi. Stessa posizione del maestro Daniele Callegari, individuato come direttore dell’Orchestra della Fenice.
Il sospetto però è che dietro al problema dei costi ci sarebbe una mancanza di volontà da parte dei lavoratori. O meglio, un disegno di ostruzionismo vero e proprio. Il caso, peraltro, scoppia a Venezia proprio il giorno in cui arriva in città il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per partecipare al Festival delle Regioni.
"Il nostro contratto collettivo nazionale e quello aziendale prevede che, per attività particolari come registrazioni audio e video, siano necessarie delle trattative - spiega sempre all'Adnkronos Marco Trentin, professore d’orchestra della Fenice e segretario provinciale Fials -. La Fondazione aveva inizialmente proposto un compenso di 35 euro lordi a cui abbiamo risposto con una controproposta. Ma la direzione, pur di restare nel budget, ha rilanciato suggerendo l’esclusione del Coro e di far suonare solo l’Orchestra. È un’idea che suona davvero male. Sembra quasi che si chieda ai sindacati di accettare che una parte del personale venga lasciata a casa, per aumentare i compensi dell’altra. È un approccio che mina il principio di equità e solidarietà tra lavoratori dello spettacolo e che il sindacato non può accettare".
Dal sindacato, insomma, non sembrano possibili ripensamenti: "La vera domanda è: chi si prende la responsabilità di dire a una parte degli artisti che deve restare a casa?", insiste Trentin. La Festa della Repubblica è "un appuntamento di alto valore simbolico e culturale", ma "non si può ignorare il rispetto delle condizioni contrattuali. Nessuno mette in discussione il valore della Festa della Repubblica. Ma i contratti ci sono, e vanno rispettati. Non possiamo accettare che la celebrazione del 2 giugno diventi una sagra dell’antisindacalismo. I lavoratori hanno un contratto e pretendono che la controparte lo rispetti".