Cinema, il governo tira dritto: si smonta la rivolta

Il ministro della Cultura illustra al settore i nuovi controlli sui film. Obiettivo: evitare truffe e costi gonfiati. Tra i vip clima rasserenato
di Pietro Senaldisabato 7 giugno 2025
Cinema, il governo tira dritto: si smonta la rivolta
3' di lettura

“M’hanno rimasto solo, ‘sti quattro cornuti”. La grande ambizione di Elio Germano potrebbe essere reinterpretare il ruolo che fu di Vittorio Gassman nel rifacimento de “L’audace colpo dei soliti ignoti”. L’attore aveva chiamato i colleghi alla rivolta, puntando l’indice contro il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, e accusando il governo di gestire il cinema con logica da clan. Aveva anche insinuato che la regolamentazione dei finanziamenti a pioggia al settore, parliamo di 7,2 miliardi in meno di dieci anni, era una scusa per operare una censura alle pellicole dei registi e degli interpreti della sinistra. Poi ieri, l’incontro chiarificatore, che ha lasciato Elio il rosso fuori ruolo.

Giuli, con la sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ha incontrato i rappresentanti del settore, Claudio Santamaria, Beppe Fiorello, la sindacalista Vittoria Puccini e gli altri. La passarella da protagonista ha blandito l’ego dei vip e contribuito a rasserenare il clima. Il governo non fa marcia indietro, ha illustrato una serie di controlli ai quali d’ora in poi le produzioni saranno sottoposte per evitare truffe e gonfiamenti dei costi a dismisura, ha promesso l’assunzione di personale per sveltire le pratiche di liquidazione del tax credit, che si erano oggettivamente impantanate. Gli attori hanno ricordato che il cinema è un’industria che secondo l’Anica, associazione presieduta da Francesco Rutelli, non proprio un imparziale, restituisce tre euro e mezzo per ogni euro investito e hanno fatto presente che dietro i cartelloni con le loro bellissime e pasciute facce si nasconde un mondo di anonimi, alcuni dei quali alle prese con il lunario da sbarcare.

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COMMEDIA
Il finale deve ancora essere registrato ma il film ha cambiato genere. Non più un western alla “Mezzogiorno di Fuoco” ma una commedia all’italiana tipo “Don Camillo e l’onorevole Peppone”. Ne è uscito perfino un comunicato congiunto. Gli attori auspicano che «finiscano i pericolosi attacchi contro il cinema» e promettono di «vigilare sul futuro operato del ministero» e Giuli risponde che «il dialogo e il confronto prevalgono sempre sulla sterile contrapposizione e sui pregiudizi», con la sottosegretaria Borgonzoni che sottolinea come d’altronde «le storture andavano corrette a vantaggio di chi lavora onestamente».

E in effetti su questo c’è stato il vero punto di convergenza. Gli attori si sono rivelati per nulla infastiditi dai nuovi rigorosi controlli annunciati dal governo, in quanto sono i primi a sapere che sul tax credit varato nel 2017 dall’allora ministro dem, Dario Franceschini, ci avevano mangiato in troppi. Soprattutto, ci avevano mangiato degli avventurieri. Personaggi che strappavano finanziamenti a fantomatici progetti che poi non uscivano o venivano rivenduti sulla carta, costi di produzione gonfiati per garantire cachet milionari calcolati su percentuale ai registi, luci che arrivavano a prezzi stellari, anche dieci volte il valore di mercato. Un far west che mischiava arte a furbizia e ha finito per sputtanare il sistema, con danno primo a chi ne fa parte.

Quanto alle misure prese dal governo, tutte confermate. A elencarle, sembrano così banali e logiche che non ci si può spiegare come mai abbiano suscitato tanto clamore. Probabile sia perché i magazzini sono pieni causa sovra-produzione legata al periodo del Covid o ora il lavoro è davvero diminuito, senza però nessuna responsabilità del governo.

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FATTURE
Per esempio, d’ora in poi, sulle fatture da oltre mille euro andrà indicato il titolo dell’opera, oppure per ottenere cospicui finanziamenti bisognerà essere programmati in ottanta sale, o ancora, chi chiede soldi allo Stato deve garantire finanziamenti per almeno il 40% del film. Accorgimenti per evitare appalti a cascata e che tutto finisca in un unico calderone; anche perché la legge prevede che tutto va rimborsato con il tax credit, e questo negli ultimi anni ha determinato splafonamenti oltre il miliardo dei soldi che le finanziarie avevano dedicato al settore. Siamo però solo al primo tempo. Non ora, ma prima o poi, la riforma Franceschini sarà sostituita integralmente. Finale con giallo.

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