Pd allo sbando, l'elezione del segretario a Pisa finisce in rissa

di Simona Plettomercoledì 25 giugno 2025
Pd allo sbando, l'elezione del segretario a Pisa finisce in rissa
2' di lettura

Non servono i sondaggi per capire che il Pd, almeno a Pisa, ha smarrito la bussola. Bastano un congresso comunale finito nel caos, una pioggia di tessere contestate, verbali impugnati, ricorsi incrociati e l’esclusione clamorosa di uno dei suoi nomi più autorevoli, Stefano Ceccanti. Il partito che si definisce democratico rischia di inciampare nel proprio statuto. E la sensazione, sempre più diffusa, è che qualcuno, più che a un confronto politico, punti a una resa dei conti definitiva. La miccia è esplosa dieci giorni fa con la sospensione dell’elezione del nuovo segretario comunale, incarico vacante da oltre due anni. Marco Biondi, vicino all’area di Elly Schlein, era stato proclamato vincitore. Ma la sua affermazione è stata subito travolta da una tempesta di contestazioni: urne chiuse e riaperte in più sezioni, verbali irregolari, commissioni spiazzate e soprattutto un’anagrafe degli iscritti che ballava di settanta tessere tra i circoli Pisanova e Leopolda. Un’anomalia grave, che ha spinto il segretario provinciale Oreste Sabatino a prendere posizione: «L’anagrafe non è stabilizzata. Ogni operazione congressuale prima di chiarimenti sarà considerata priva di efficacia».

Ma a incendiare definitivamente gli animi è stato il “caso Ceccanti”. Il costituzionalista ed ex parlamentare, figura storica dell’area riformista del partito, si era recato da Roma appositamente per partecipare all’assemblea. All’ingresso gli viene comunicato che l’incontro è stato rinviato per ragioni burocratiche. Ceccanti riparte sconsolato. Ma mentre è sul treno, riceve una mail: il congresso si è svolto comunque, “autoconvocato” da un gruppo di iscritti della maggioranza, e ovviamente concluso con l’elezione del proprio candidato. Una procedura che ha lasciato fuori non solo lui, ma l’intera area riformista. Una mossa che per molti ha superato i confini dell’irregolarità per sconfinare nel terreno dello scontro politico puro.

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L’episodio ha avuto eco nazionale. E ora, oltre alle tensioni locali, si prospetta un ricorso che potrebbe invalidare l’intero congresso. Ma per i riformisti il punto è un altro: non l’irregolarità in sé, ma la strategia che la sottende. «Se si vuole davvero cercare l’unità - si legge in una nota diffusa da più esponenti - ci si fermi subito, perché a Pisa si è superato ogni limite». A tentare una mediazione è intervenuto il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo, figura di peso del Pd toscano: «L’unità non si costruisce dividendo. Abbiamo bisogno di provare a vincere le prossime elezioni a Pisa, dopo dieci anni di opposizione». Parole ragionevoli, ma che cadono nel vuoto. Perché il clima, ormai, è da separati in casa. La maggioranza tace. La direzione regionale evita di intervenire. E la base osserva sgomenta. «Non riescono nemmeno a organizzare un congresso cittadino - ironizza il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Diego Petrucci- figuriamoci governare una città come Pisa. Sono una compagnia di dilettanti allo sbaraglio». Altro che elezioni Regionali: a Pisa il Partito democratico gioca al Risiko interno. Peccato che, invece di conquistare elettori, sembri puntare a far fuori i compagni. E alla fine rischia di restare da solo.

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