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Per liberare la cultura dall'egemonia della sinistra la destra impari a fare rete

La cultura di destra non ha nulla da invidiare a quella di sinistra in termini qualitativi e non hanno ragion d’essere complessi di inferiorità, la sinistra è stata solo più in grado di costruire un’organizzazione della cultura
di Francesco Giubileilunedì 7 luglio 2025
Per liberare la cultura dall'egemonia della sinistra la destra impari a fare rete

3' di lettura

Caro direttore, ho letto con interesse i condivisibili interventi di Annalisa Terranova ed Edoardo Sylos Labini sul tema della cultura di destra e le scrivo per provare ad aggiungere un tassello al dibattito che si è creato. Solo chi è animato da un pregiudizio ideologico continua a sostenere che non esista o non sia esistita nel Novecento una cultura di destra (vale sempre la lettura del testo di Giovanni Raboni I grandi scrittori? Tutti di destra), eppure solo pochi giorni fa su L’Espresso è uscito un articolo a firma di Loredana Lipperini intriso di banalità in cui si afferma che, a parte tre/quattro nomi, non esistono figure culturali vicine alla destra. In realtà ci sono centinaia di associazioni, professori, artisti, editori che operano in tutta Italia diffondendo progetti e idee che potremmo annoverare nel campo della cultura di destra. Per essere più precisi occorrerebbe parlare di cultura delle destre come scriveva il professor Giuseppe Parlato, scomparso lo scorso giugno che abbiamo ricordato qualche giorno fa in un evento alla Fondazione Nazionale alla presenza del ministro della Cultura Alessandro Giuli e del presidente del Senato Ignazio La Russa introdotto dall’onorevole Antonio Giordano.

Non esiste infatti una singola destra ma tante destre, ognuna con le sue caratteristiche, sfumature di pensiero, anime, c’è una destra conservatrice e una rivoluzionaria, una liberale e una sociale. Troppo spesso però poniamo enfasi sulle differenze invece di unirci sui punti in comune, il primo elemento su cui è importante concentrarsi è perciò l’unità facendo prevalere meno individualismi e più collaborazioni. Il secondo punto nasce da questa premessa ed è la necessità di un maggior coordinamento tra le varie realtà che operano nel campo culturale. Sono pienamente d’accordo con quanto scrive Sylos Labini sulla necessità di formare una classe dirigente nel settore culturale, un’attività doverosa a cui deve essere affiancata la creazione di una rete. In parole povere lo spoil system è condizione necessaria ma non sufficiente per scardinare l’egemonia culturale della sinistra.

Senza le nomine (a tutti i livelli, nazionale e locale) nei luoghi nevralgici della cultura è inimmaginabile poter realizzare una politica culturale di successo, questo il ministro Alessandro Giuli lo ha capito bene, lo sta facendo ed è fondamentale continuare in questa direzione anche rivolgendosi al mondo giovanile. Al tempo stesso occorre cercare strumenti per mettere a sistema le varie realtà che contribuiscono a tener viva sul campo quella che potremmo definire cultura delle destre. Due anni fa a Roma insieme ad Alessandro Amorese ed Emanuele Merlino organizzammo un grande evento intitolato “Pensare l’immaginario italiano. Stati generali della cultura nazionale” in cui cercare di far dialogare questi mondi. Oggi penso sia arrivato il momento di fare un passo ulteriore mettendo in campo iniziative concrete come l’acquisto dei libri delle case editrici di area nelle biblioteche dei comuni amministrati dal centrodestra o come l’organizzazione di festival sui territori che non abbiano i soliti parterre a senso unico o, ancora, un’attenzione particolare agli eventi rivolti ai giovani. La cultura di destra non ha nulla da invidiare a quella di sinistra in termini qualitativi e non hanno ragion d’essere complessi di inferiorità, la sinistra è stata solo più in grado di costruire un’organizzazione della cultura mandando avanti le proprie persone e facendo rete, è arrivato il momento sia la destra a farlo non per costruire una nuova egemonia culturale ma per liberare la cultura.