Angelo Bonelli ha voluto mettere in chiaro le cose poche ore prima del sofferto discorso di Beppe Sala in Consiglio Comunale. «Siamo convinti che il sindaco Sala potrà chiarire la sua posizione» dice il leader di Avs, uno dei pilastri del centrosinistra nazionale e milanese, «ma una cosa è evidente: serve una profonda revisione delle politiche urbanistiche. La realizzazione di un nuovo stadio non rappresenta una priorità. Se il sindaco Sala e la sua maggioranza riterranno che la priorità per Milano è la vendita dello stadio di San Siro, noi voteremo contro».
Sull’altro lato della coalizione che governa il capoluogo lombardo dal 2011, il leader di Azione Carlo Calenda comunicava così a Mister Expo la scelta di appoggiarlo nonostante la bufera giudiziaria: «Azione a Milano sosterrà Sala ma non accetteremo che la giunta diventi una succursale della Procura. Avevamo chiesto di andare avanti sul Salva Milano e oggi chiediamo di andare avanti con la vendita dello stadio. Se ci sono conflitti di interesse nella struttura tecnica (come sembra) li risolvano subito, ma non sta alla magistratura decidere quale debba essere lo sviluppo urbanistico di Milano». Riassumendo: i Verdi dicono a Sala che può restare se non approvala delibera sulla cessione del Meazza, Azione dice al primo cittadino che può restare se approva subito la vendita dello stadio.
Beppe Sala celebra in aula il suo funerale politico
Pomeriggio soleggiato, temperatura di 30 gradi centigradi, campo di Palazzo Marino in perfette condizioni. Arbitra la pr...Due veti incrociati e opposti che, di fatto, condannano Milano alla palude: anche se il sindaco resterà in sella fino al termine del mandato, come potrà portare avanti i progetti di sviluppo in cui crede se ha una maggioranza così litigiosa? Non solo. La fotografia della sinistra milanese che gioca a tiro alla fune la figura politica di Beppe Sala include anche un Pd a sua volta diviso tra la corrente riformista che non rinnega i grandi progetti di trasformazione urbanistica (iniziati con il Centrodestra di Gabriele Albertini) e la corrente radical-majoriniania che se potesse tornerebbe volentieri alla Milano pre-rivoluzione, con le sterpaglie delle ex Varesine e senza i grattacieli di Porta Nuova.
Ognuno va per conto suo, e a Milano è stato Sala a tenere insieme i cocci: nel 2016 si è presentato ai milanesi con il piglio decisionista del manager di Expo e si è quasi subito trasformato nel mediatore costretto a galleggiare tra bandierine ideologiche e lentezze burocratiche. Il dossier stadio è stato avviato nel primo mandato e mai portato a termine, la riapertura dei Navigli - cavallo di battaglia storico del sindaco- accantonata dopo anni di dibattiti e promesse illusorie.
Date queste premesse, è allargando lo zoom che si vede traballare ancor di più il campo largo. Non si capisce come possano andare d’accordo Bonelli, Renzi, Conte e il Pd in un ipotetico governo nazionale. Soprattutto, non si intravede una personalità in grado di tenere tutti sotto lo stesso tetto: Elly Schlein e Giuseppe Conte non hanno ancora la necessaria legittimazione al centro, mentre non emerge una figura esterna ai partiti capace di allineare intorno a un programma unitario l’ala massimalista e quella riformista.
Il generale Vannacci fa impazzire Elly Schlein: "Perché scelgo lei"
Roberto Vannacci allo spettacolo teatrale de La Zanzara. Ospite di Giuseppe Cruciani e David Parenzo, l'europarlamen...Romano Prodi ci riuscì, ma alle due vittorie contro Berlusconi seguirono due implosioni della maggioranza rossa. Oltretutto sono ancora da chiarire i confini dell’alleanza politica: a Milano- dove volano gli straccii grillini non sono in coalizione ma c’è Azione; in altri Comuni e Regioni succede il contrario. Se Palazzo Chigi fino a ieri era lontano, dopo la resa dei conti di Palazzo Marino sembra lontanissimo.