La sinistra rilancia la balla della palestinese morta di fame a Pisa

di Claudia Osmettilunedì 18 agosto 2025
La sinistra rilancia la balla della palestinese morta di fame a Pisa

3' di lettura

È l’esempio classico della disinformazione che c’è quando si parla di Israele. Quella per cui, a farla notare a chi ci casca, si viene immediatamente tacciati di fascismo, collaborazionismo e sionismo (ammesso che si possa prendere quest’ultimo come un insulto), salvo poi provare, con le armi del fact checking, a far ragionare un interlocutore che, oramai, si è già convinto del contrario. Marah Abu Zuri, la ragazzina palestinese di diciannove anni arrivata in Italia con un volo umanitario del nostro governo la sera del 13 di agosto, e deceduta venerdì all’ospedale Cisanello di Pisa, non è morta per denutrizione. Checché ne dica la propaganda pro-Pal, nonostante i fuorvianti articoli (e soprattutto i titoli) di certa stampa, malgrado i social siano ancora pieni di accuse e grida al genocidio e appelli contro la-campagna-criminale-di-Netanyahu-che-affama-i-civili-di-Gaza, Marah non è morta di stenti. Israele l’ha messa su un aereo a Eilat perché i suoi medici sospettavano una grave forma di leucemia la quale, però, è stata sconfessata dai test immediatamente operati dai colleghi pisani.

Sì, certo, era «estremamente defedata», come ha sottolineato Sara Galimberti, la direttrice dell’unità di Ematologia che l’ha presa in cura, e quella è una condizioni aggravante per chiunque, a maggior ragione per chi lotta contro una patologia che lascia «diversi parametri alterati di tipo coagulativi e proteine molto basse, per cui abbiamo subito fatto una consulenza col nutrizionista e iniziato una nutrizione ipercalorica ad hoc»: ma è morta, Marah, per una crisi respiratoria improvvisa, in un quadro clinico generale che conta, soprattutto, una malattia «probabilmente sottostante, misdiagnosticata o mai diagnosticata» (e che, con la certezza della scienza, non sapremo neanche ora dato che la famiglia non ha autorizzato l’autopsia perché «per la loro religione il riscontro post mortem è una problematica importante»).

Eppure sono due giorni che la sinistra utilizza questa vicenda per rianimare le file del boicottaggio («Ora l’esecutivo Meloni revochi la cooperazione militare con Israele e si assuma le proprie responsabilità di fronte a questa tragedia», Angelo Bonelli, Verdi), per puntare il dito contro Gerusalemme («Marah non è morta di malattia, è stata uccisa dalla fame inflitta e usata come strumento di guerra», Antonio Mazzeo, che è il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Pd) e per incolpare, una volta di più, il premier israeliano («Si tratta di un crimine che ha una responsabilità precisa, il governo di Netanyahu, e una complicità altrettanto precisa: gli Stati Uniti e la comunità occidentale internazionale, incapaci di isolare Israele», Lorenzo Falchi, sindaco di Sesto Fiorentino, Sinistra italiana). Sono anche due giorni che, a scorrere i titoli dei giornali on-line, l’andazzo è lo stesso: “Ragazza palestinese ‘gravemente deperita’ morta a Pisa” (Repubblica); “Pisa, è morta Marah, la ventenne arrivata da Gaza.

I medici: era in stato di deperimento, pesava 35 chili” (Corriere, edizione Firenze); “Marah, affamata a Gaza e morta in Italia” (Il manifesto). A cliccarci sopra, nei pezzi, infilati tra una riga e l’altra, spesso non nell’incipit ma va così, si trovano pure le parole della dottoressa Galimberti, ma uno sfoglio (digitale) veloce, e le condivisioni su Facebook (che sono quelle che oggi fanno circolare una notizia), danno tutt’altra impressione. E se chi è partito lancia in resta, sabato, con un commento preconfezionato (come il dem Eugenio Giani: «Chiedo a Israele di interrompere il genocidio in atto e alla comunità internazionale di riconoscere lo Stato di Palestina») poteva aspettare di capire bene cosa fosse successo ma aveva, mettiamola così, la scusa dei pochi dettagli ancora ufficializzati, da ieri, dopo i chiarimenti dell’ospedale di Pisa (e dopo che Israele ha provato a ristabilire un minimo di verità tramite la sua ambasciata in Italia che, su X, ha condiviso il rapporto medico della cartella di Marah stilata nella Striscia, quello in cui si faceva riferimento all’ipotesi della leucemia), di giustificazioni non ce ne sono più. È successo all’inizio della guerra con l’ospedale Al-Ahli di Gaza (mai colpito da Israele), è successo con Osama al Rakab (il bimbo di cinque anni malato di fibrosi cistica le cui fotografie sono state spacciate per denutrizione), sta succedendo, di nuovo, con Marah. Sono le fake news, nella migliore delle ipotesi i fraintendimenti, di cui campa Hamas.