Leoncavallo, le vedove vip del centro sociale: "Sgombero atto di regime"

di Alessandro Gonzatodomenica 24 agosto 2025
Leoncavallo, le vedove vip del centro sociale: "Sgombero atto di regime"

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Prefiche (con l’accento sulla prima “e”). Piangono, non per soldi come ai funerali ad Atene o Roma, ma per compiacere il proprio pubblico, o gli elettori. Il lutto è lo sgombero del Leoncavallo.

Pd, Cinquestelle, pseudo ambientalisti e maître à penser della sinistra che piace alla gente che non piace intonano canti di dolore. Ci sono le “mamme del Leoncavallo”, ossia le capostipiti, infuriate. E ora dopo la chiusura dello stabile occupato abusivamente da trent’anni dagli attivisti rossi ci sono le vedove e i vedovi del centro sociale che si disperano perché in quel luogo di Milano le forze dell’ordine hanno riportato la legalità.

La prefica, pardon, il vedovo non allegro Pierfrancesco Majorino, capogruppo dem in Lombardia, versa lacrime su Facebook: «Stamane, a proposito di sgomberi e legalità, vengo attaccato da Libero.

Poche cose come queste confermano che ho ragione». Il barbuto ex eurodeputato è furioso perché abbiamo scritto che sbraita e riportato le dichiarazioni con cui ha dato dell’«avvoltoio» a Salvini, il quale ha festeggiato per l’operazione. Invece il capogruppo di Avs al Senato, Peppe De Cristofaro, strilla che le destre «mostrano i muscoli davanti a un Leoncavallo vuoto perché non sanno più dove appendere il cappello della propaganda. Siamo alla follia totale», puntualizza.

RISATE

Su X dall’umorista per mancanza di humor Luca Bottura parte un’invocazione: «Il sindaco Sala può fare un gesto politico forte, concedere qui (su X? ndr) e ora una sede al Leoncavallo e spiegare che, pur con idee politiche evidentemente diverse su molti punti, l’antifascismo e la cultura sono terreno, anche fisico, non negoziabile. Tra l’altro», aggiunge il Bottura, «lo considero un ottimo programma di governo».

Vede manganelli e olio di ricino pure Carlo Verdelli, ex direttore di Repubblica: «C’è qualcosa di osceno nei modi dello sgombero. La parata di militari come per un covo mafioso, Sala all’oscuro. Milano perde un pezzo di storia antifascista e un raro presidio sociale di periferia. Il governo Meloni gonfia il petto. Casapound cosa, dove?». Invero manca solo il quando, dato che lo sgombero dell’immobile romano occupato dai militanti di estrema destra è già nell’elenco del Viminale, ma il Leoncavallo era occupato illegalmente da molti più anni. Per di più pare che su Casapound ci sia un’accelerazione.

Nel dibattito politico-giornalistico-intellettuale irrompono i “99 Posse”, gruppo hip hop il cui cantante si chiama ‘O Zulù: «Siamo diventati un Paese conservatore, triste e intrinsecamente fascista. Ecco cosa significa la chiusura del Leoncavallo, uno spazio che ha prodotto cultura per decenni». Sono accorsi da prestigiose università del continente per accaparrarsi i migliori della scuola del Leonka. Si aggrega Fedez, il quale su Instagram pubblica un’immagine del centro sociale deserto e scrive: «L’involucro splendente di una città che è stata svuotata di tutto, anche della sua stessa identità». Un vuoto incolmabile.

Proveranno a riempirlo gli attivisti, ma ci vorrà ancora tempo, sono tutti al mare e dunque il corteo di protesta «contro il fascismo di governo, la gentrificazione ed espropriazione dei patrimoni pubblici e autogestiti» è stato fissato per sabato 6 settembre. Prima di «difendere gli spazi sociali, la cultura libera, l’arte sovversiva e i movimenti dal basso» bisogna finire le birre in spiaggia.

Attenzione, sui social interviene anche il rapper milanese Emis Killa, pseudonimo di Emiliano Rudolf Giambelli: «Un pezzo della mia storia oggi muore con lo sgombero del Leoncavallo. Non ne ho mai fatto (e mai ne farò) un discorso politico, quanto più una questione morale e d’animo. Tantissimi ragazzi come me hanno forgiato la loro personalità artistica nei centri sociali, il Leo su tutti. Per noi», spiega, «ha significato aggregazione, arte, rispetto per il prossimo. Se ti occupano casa non puoi farci un cazzo malo Stato può fare questo con un luogo icona per Milano da oltre trent’anni.

Non capirò mai la giustizia italiana». Ricordiamo che contro gli occupatori seriali di case supportati da Ilaria Salis il governo ha introdotto la nuova norma sugli sgomberi, e speriamo che siano a raffica.

BARATRO

Sennonché è il turno dei Modena City Rambles: «In cinquant’anni di vita più generazioni hanno frequentato il Leoncavallo e contribuito alla crescita culturale e sociale di pezzi di Paese che non avevano cittadinanza nella Milano da bere», ma forse in quella da fumare. I Modena riattaccano: «Migliaia di concerti, dibattiti politici, solidarietà, attività d’inclusione. Lo stato, con la “s” minuscola, dovrebbe solo ringraziare per l’esistenza di questi luoghi di aggregazione, dove nessuno è straniero, dove tutti sono uguali». Senza il Leonka sarebbe stata un’Italia allo sbando. Prepariamoci a tempi bui.

Le “mamme antifasciste del Leoncavallo” hanno lanciato una raccolta fondi. Il grido di battaglia è “Giù le mani da Milano! Casa di resistenza, sostieni il Leoncavallo”. «Lotteremo fino alla fine per il diritto di esistere, ma abbiamo bisogno di tutto il sostegno possibile». Lo daranno anche le vedove?