La sinistra ha ormai sdoganato l’antisemitismo

Atleti paralimpici britannici contro l’inno dello Stato ebraico, ragazzi cacciati da un campeggio, violenze in Germania
di Claudia Osmettidomenica 24 agosto 2025
La sinistra ha ormai sdoganato l’antisemitismo

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Solo nelle ultime 48 ore si sono registrati tre casi. Quello dei cestisti paralimpici della nazionale britannica che a Colonia, durante una partita della Wheelchair basketball nations cup, una sorta di mondiali della pallacanestro in carrozzina, hanno mostrato le spalle mentre suonava l’Hatikvah, l’inno di Israele; quello del direttore di un parco divertimenti nel sud della Francia, che poi è stato arrestato e ora rischia tre annidi galera per discriminazione, ma prima si è rifiutato di far entrare nella struttura 150 bambini ebrei e israeliani, tutti tra gli otto e i sedici anni, per le sue «convinzioni personali sul genocidio a Gaza che deve finire»; e il ferimento di due turisti israeliani in un parco vacanze olandese, durante una partita di paintball, quella dei fucili caricati con palloncini di vernice, per cui è stato arrestato un 15enne.
Se però allunghiamo lo sguardo alla settimana che si conclude oggi tocca mettere nel conto altri quattro.

Sul fronte sportivo la richiesta di Assoallenatori, l’associazione che degli allenatori del calcio italiano, avanzata dal presidente Renzo Ulivieri e che ha incassato il plauso di 44 parlamentari di centrosinistra, di sospendere Israele dalle competizioni sportive; sul fronte polemico la messa al bando di Gerusalemme alla fiera del Levante di Bari; sul fronte vacanziero l’albergatore ragusano che ha chiesto alla famiglia di Rishon LeZion che doveva ospitare di dissociarsi dalla politica di Netanyahu odi andarsene; e sul fronte sanitario il mini-show, sconfessato dopo una mezza giornata di rimbalzi sui social, con tanto di scuse e valutazioni avviate dell’ordine dei medici e della Asl, della dottoressa e dell’infermiera che si sono riprese mentre gettavano nel sacco nero dell’immondizia integratori e prodotti della Teva, cioè della multinazionale israeliana che fa medicinali generici.

Se, poi, invece, ampliamo ancora di più il termine temporale e lo facciamo coincidere con l’estate che è ancora incorso, non ci basta lo spazio a disposizione su questa pagina: l’aggressione subita dai turisti francesi all’autogrill di Lainate perché portavano la kippà; la coppia di ebrei ortodossi insultata, minacciata e a cui hanno anche aizzato contro un cane a Rialto, a Venezia; gli studenti di una yeshivah svizzera che sono stati intimiditi da un uomo con un coltello alla stazione di Lucerna; il cartello «i criminali di guerra non sono benvenuti in Sardegna» alla spiaggia di Su Giudeu; gli altri cartelli «Israeli not welcome» con cui è stata tappezzata Milano. Potremmo andare avanti all’infinito. Però è arrivato il momento di fermarsi e fare una piccola riflessione.

Così, evidentemente, non si può andare avanti. Se questo diventa un mero esercizio compilativo, il problema che abbiamo (e che ha un nome preciso, checché ne dicano i negazionisti odierni: è antisemitismo) è assai più grave di quello che immaginiamo. È un sentimento anti-ebraico, anti-israeliano, che a lungo andare diventerà anti-occidentale, sempre più diffuso, che non si pone domande, che spesso manco s’informa o (ancor più spesso) s’informa male, che è stato sdoganato non da Hamas che si macchia di orrori anche peggiori ma da chi, qui da noi, cede alla retorica dell’odio e spaccia la propaganda propal come verità indiscutibile. La maggior parte delle vicende sopra riportate è un riflesso incondizionato della narrazione che, a senso unico, accusa Israele di ogni male: va di moda, mettiamola così, scagliarsi contro lo Stato ebraico, un po’ come vent’anni fa andavano di moda i girotondi pacifisti (la base, non a caso, è la stessa). Certo, c’è chi di questa situazione prima o poi dovrà assumersene le responsabilità, almeno da un punto di vista politico. Ma nel frattempo, visto l’andazzo, sarebbe meglio capire che si tratta di un fenomeno che ci tira in ballo tutti.