Rampelli di FdI accusa la sinistra: "Incendia la sinistra come prima degli Anni di piombo"

di Pietro De Leomartedì 16 settembre 2025
Rampelli di FdI accusa la sinistra: "Incendia la sinistra come prima degli Anni di piombo"

(Ansa)

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Ci risiamo. Di nuovo l’attenzione è sul confronto politico solcato dall’odio. Siamo davvero al rischio anni ‘70? «Gli anni della violenza politica non furono un fulmine a ciel sereno, li anticipò una campagna discriminatoria pesantissima contro la destra, perfino la richiesta di scioglimento dell’allora Msi. Il clima s’incendiò creando le condizioni per far attecchire la violenza. Così iniziò l’“occhio per occhio dente per dente”... E fu una strage di ragazzi innocenti. Oggi si respira un’aria simile a quella che precedette gli anni terribili dello scontro. Occorre fermarsi subito».

Quali sono i sintomi?
«La delegittimazione dell’avversario, insinuare che quanto dice sia contro la democrazia, dire che è razzista se parla d’immigrazione, fascista se parla di sicurezza, legalità e ordine, omofobo se parla di famiglia tradizionale. Con la complicità dei media e delle élite intellettuali ti ritrovi chiuso all’angolo e qualche pazzo che si sente detentore della verità e ti colpisce fisicamente si trova sempre. È ora di smontare questa stucchevole e presunta superiorità morale della sinistra che inquina i pozzi del confronto democratico». 
Qual è stato il riflesso italiano dell’assassinio di Charlie Kirk? 
«I parlamentari del centrosinistra hanno taciuto, a parte qualche leader, Odifreddi, Saviano, Scanzi, chiaramente riconducibili al centrosinistra, l’hanno addirittura giustificato. Dalle loro parole si evince che esistono omicidi politici di serie A e di serie B. In fondo questo atteggiamento evoca il vecchio slogan “uccidere un fascista non è reato”... Inaccettabile».
Con questo clima il nostro Paese rischia qualcosa a livello sociale? 
«Abbiamo anticorpi robusti e questa logica discriminatoria non passerà di nuovo. Noi difendiamo la democrazia e la libertà di chiunque di esprimere le proprie idee e ripudiamo la violenza, chiunque ne sia vittima. Per noi la vita di Martin Luther King e quella di Charlie Kirk hanno lo stesso valore, sono sacre entrambi».
Lei individua una possibile via d’uscita? 
«Abbassare i toni, contrapporsi per argomenti e non per pregiudizi, rinunciare a insulti, attacchi personali, intimidazioni e considerare l’altro un avversario leale, non un nemico da abbattere».
La spirale è perversa anche a causa dei social. Il combinato tra violenza verbale e piattaforme amplifica la potenza negativa. Una reazione a catena che inquina il dibattito. Cosa si può fare? 
«Sono quasi dieci anni che le piattaforme hanno assunto una politica di controllo nei confronti del cosiddetto linguaggio d’odio. Ma a quanto pare è stato un fallimento. Anzi ha creato spesso danni arrivando addirittura a “censurare” parlamentari della repubblica italiana o a limitare la loro attività politica. Casi in cui veniva impedito di pubblicare immagini di opere d'arte perché le nudità pittoriche o scultoree non erano consentite. Assurdità. Intanto però si lasciavano passare impunemente messaggi di odio. Una forma di intervento bisognerà pensarla per evitare che un “non-Stato” sovranazionale mini le basi della democrazia e della convivenza civile».
Il Parlamento, in questo, può avere un ruolo? 
«Sì, deve tornare a essere il luogo del confronto, anche aspro, ma non dello scontro violento. E la sinistra deve isolare i cattivi maestri, condannare ogni comportamento illegale e ogni violenza, occupazioni, aggressioni alle forze dell’ordine, picchetti per impedire manifestazioni. Deve dimostrare di aver abbandonato la via leninista che prevedeva la “violenza giusta” come strumento di lotta politica».