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Elly Schlein ferma la Camera nel nome di Gaza

di Tommaso Montesanosabato 20 settembre 2025
Elly Schlein ferma la Camera nel nome di Gaza

(LaPresse)

3' di lettura

Non nascondono nulla. Il piano è chiaro: paralizzare l’Italia nel nome di Gaza. Ieri la Cgil, lunedì il sindacalismo di base dell’Usb. L’arma è la stessa: lo sciopero generale. Di 4-8 ore il primo, di 24 ore il secondo. Con momenti surreali. Come quando la Fiom-Cgil annuncia che le «metalmeccaniche» e i «metalmeccanici» hanno iniziato l’astensione dal lavoro «per fermare il massacro a Gaza».

Serrate sono andate in scena a Genova, Livorno, Terni, Siena, Firenze, Arezzo, Lucca, Pisa, Novara e Benevento. Particolarmente riusciti, gongola il sindacato di Maurizio Landini, gli scioperi e le manifestazioni di Genova - più di 5mila i partecipanti al corteo - e Livorno («hanno sfilato 10mila persone»).

Ieri i servizi essenziali sono stati esentati dalla protesta, ma in tutti gli altri settori, a sentire la Cgil, l’agitazione avrebbe ottenuto buone adesioni (ad esempio nella grande distribuzione, nella logistica portuale, nell’industria e nelle filiere di marmo, chimico, tessile e moda). Landini, che ha presenziato al corteo di Catania, è stato ringraziato via lettera dal suo omologo del sindacato palestinese.

«Ci ringrazia proprio perché il popolo palestinese è a rischio estinzione», dice dal palco siciliano il numero uno di Corso d’Italia, che invoca la sospensione di «qualsiasi rapporto commerciale» con Israele. A inoltrare il messaggio è stato Shaher Saad, segretario generale della federazione generale dei sindacati palestinesi, lodando la «posizione coraggiosa» della Cgil, «coerente con i principi di giustizia e diritti umani». Un altro momento surreale, visto che sia l’Anp, sia Hamas non brillano certo perla tutela dei «diritti umani» e dei lavoratori. Proprio il diritto di sciopero e di riunirsi in assemblea, i diritti più elementari, sono «violati sistematicamente nella zona del West Bank e della Striscia di Gaza», come testimoniano i rapporti delle Ong internazionali. Buio pesto pure per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla vita sindacale. Tant’è: Landini sventola compiaciuto la missiva.

A Bologna si fa vedere la segretaria del Pd, Elly Schlein, pronta a «bloccare i lavori d’Aula finché Giorgia Meloni non verrà a rispondere di quello che il governo italiano sta facendo» sulla Palestina.
E lunedì si replica. Se possibile, cercando di provocare ancora più caos. A incrociare le braccia «per rompere con lo Stato terrorista di Israele, per difendere Gaza, per dire “no” alla corsa al riarmo, a fianco della Flotilla e con la Palestina nel cuore», saranno i lavoratori dell’Usb e i loro alleati di Potere al popolo, Cambiare rotta e Giovani palestinesi. Al momento l’elenco delle piazze mobilitate - il numero è in aggiornamento - si ferma a 50. «Rompiamo gli argini, blocchiamo tutto», è la parola d’ordine dell’Usb.

L’annuncio è bellicoso: «Molti porti saranno bloccati, sarà la gente a mettersi davanti ai valichi e a impedire il passaggio». Questo per le città di mare. Per le altre, ecco l’arma del trasporto pubblico: «Si fermerà in moltissime città, bus e metro non circoleranno. I ferrovieri saranno in sciopero». Poi ci saranno «le fabbriche, la logistica, i settori pubblici, la scuola, i vigili del fuoco, il commercio, l’energia».
E, naturalmente, «gli studenti con la loro spinta e il loro entusiasmo».

Chi sciopera dopodomani, però, non vede di buon occhio chi ha scioperato ieri. Motivo: una divisione della protesta che fa solo il gioco di chi «è complice» di Israele. «Avevano l’opportunità (la Cgil, ndr) di scioperare il 22 insieme all’Unione sindacale di base, di fare anche uno sciopero generale e non l’hanno fatto, hanno scelto di fare un cosiddetto “sciopericchio” che dura solo quattro ore», ha detto una militante bolognese di Cambiare rotta. «Non ci curiamo di loro e dei loro ridicoli tentativi di rincorsa, lasciamo che il fiume li trascini nella direzione giusta...», scrive invece l’Usb.

Una critica condivisa del sindaco della città, Matteo Lepore, secondo cui sulla Striscia di Gaza «ci sono troppe manifestazioni che ormai sono un modo più per parlare di chi le promuove. Penso che si debba parlare più di Gaza e meno di noi stessi».