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Il tirassegno su Elly è lo sport preferito dei suoi compagni

di Pietro Senaldigiovedì 13 novembre 2025
Il tirassegno su Elly è lo sport preferito dei suoi compagni

4' di lettura

Non piace alla gente che piace, o che pensa di piacere. Lo sport nazionale a sinistra è sparare contro Elly Schlein. I grandi vecchi hanno parlato. Per Romano Prodi, il suo campo largo è troppo rosso. Paolo Gentiloni ha sancito che «siamo senza un’alternativa a Giorgia Meloni». Arturo Parisi ha lanciato l’allarme per «la deriva estremista». Dario Franceschini, che l’ha lanciata, starebbe tramando per lasciarla alla guida del partito ma spingere Giuseppe Conte o chiunque altro come candidato premier. Perfino Pierluigi Bersani, stimolato in tv, ha detto che «comunque un leader si trova», a fare intendere che al momento non c’è. Alla fine, a parte i pochi fedelissimi che conta nel partito, i dem su cui può contare sono quelli che la osteggiano, i riformisti di Pina Picierno e Giorgio Gori, che almeno la sfidano a viso aperto. O Matteo Renzi, che parallelamente ma non insieme a Goffredo Bettini, lavora alla Casa Riformista, per dare alla segretaria una solida gamba di centro al di fuori del Nazareno.

Nel frattempo fioccano le iniziative. Tutto ferve, anche se tutti sono convinti che alla fine non accadrà nulla. L’ultimo fine settimana di novembre a Montepulciano, in Toscana, si sostanzierà una sorta di federazione delle correnti di maggioranza, a formare un arcipelago intorno alla segretaria. Ci saranno quelli di Andrea Orlando (Provenzano, Sarracino, Martella, Rossomando), quelli di Franceschini (Serracchiani, De Biase, Nardella, Braga), quelli di Roberto Speranza (Stumpo), perfino emissari di Enrico Letta (Ascani e Meloni). Sulla carta è la risposta ai riformisti che si sono radunati il mese scorso a Milano. In realtà è un’operazione che fonde molte anime dem in un correntone in cui tutti si dichiarano pretoriani di Elly nella speranza di condizionarla, nel calcolo di pesare quando si faranno le liste per il prossimo Parlamento e nella necessità di ricordarle che, se è diventata segretaria, è anche grazie a loro, che l’avevano vista arrivare e addirittura spinta. L’interessata non ha gradito, ma deve fare buon viso. Neppure Francesco Boccia, il solo dei “queen maker” che non le ha ancora sparato contro, condivide l’iniziativa nel Senese.

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Poi ci sono gli altri appuntamenti. Per lo stesso fine settimana, i riformisti a Prato, poco distante, faranno un’iniziativa di disturbo per parlare della crisi industriale nel territorio. Il Pd alle recenti Regionali in Toscana non è andato in fondo così bene, specie nelle roccaforti di Firenze e Prato. Sabato invece l’ex capo dell’Agenzia delle Entrate, Paolo Ruffini, altro personaggio in cerca d’autore ma con un’ottima entratura presso il Quirinale, riunirà i responsabili dei comitati che ha creato e battezzato “Più uno”, dal libro-manifesto che ha appena scritto. Si sta muovendo qualcosa anche intorno a Stefano Bonaccini, l’ex presidente dell’Emilia-Romagna sconfitto da Schlein nella corsa al Nazareno e che l’opposizione interna accusa di non aver fatto abbastanza opposizione. Lui non ci sta ed è convinto che la via da perseguire sia l’incontro e non lo scontro, perché un partito deve saper contenere le diverse idee. Vedremo.

Tra dieci giorni infine si scomoderà perfino Bersani, per salire a Milano a un’iniziativa dem che nasce come risposta a quella dei riformisti di ottobre, ma si annuncia più interessante del previsto. Pierfrancesco Majorino, profonda sinistra e alfiere di Elly in Lombardia, sarà ospite ma a sorpresa non star: la borghesia cittadina non lo vede bene come futuro candidato sindaco. Il compagno dei quartieri alti vive sotto la Madonnina una situazione non dissimile a quella della segretaria, ha un problema di credibilità presso i suoi come candidato. Accadrà qualcosa, di tanto ardere sotto le ceneri? Molto improbabile, anche perché i burattinai di queste iniziative hanno politicamente la polvere addosso e un percorso fatto di auto-accreditamenti e sconfitte. Elly poi ha i numeri dalla sua. Alle Europee ha portato il Pd dal 18% delle ultime Politiche al 24%; e i suoi fanno notare che, quando lo ha preso, il partito era al 14% nei sondaggi.

Ha strappato due Regioni al centrodestra, Sardegna e Umbria, senza perderne. Ha pure spinto i grillini del suo vero competitor, Giuseppe Conte, quello che anche secondo gli osservatori d’area avrebbe più numeri di lei per fare il premier, indietro di 3-4 punti nelle rilevazioni. Ha perfino risanato economicamente il partito, facendolo uscire dalla cassa integrazione. E allora perché tutti ce l’hanno con lei? Certo, il morso mortale è nella natura dello scorpione dem; ma non è solo una questione di dna. Schlein è restato un oggetto misterioso perla maggior parte della classe dirigente del Pd, che si sente esclusa dalla segretaria. Non l’hanno vista arrivare, ma quel che ora li agita è che non sanno dove voglia arrivare adesso, né portandosi dietro chi. Lei tira dritto quasi in solitaria, un po’ per diffidenza, molto perché non ci sono i tempi tecnici per sostituirla. L’unico rischio potrebbe essere se perderà il referendum sulla riforma della magistratura. Politicizzarlo troppo potrebbe essere un autogol. Al momento, Elly pare sfiduciata da chi non ha saputo fare meglio di lei. Quale leader Pd ha mai vinto le elezioni, a ben pensarci?

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