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Le lezioncine di grammatica e ideologia di "Repubblica"

L'Amaca di Serra, il comizio di Giorgia Meloni e il solito giochino della sinistra
di Corrado Oconevenerdì 21 novembre 2025
Le lezioncine di grammatica e ideologia di "Repubblica"

3' di lettura

È una vecchia strategia retorica quella che, interpretando in modo unilaterale o fraintendendo le parole dell’avversario politico, prova a ribaltare sudi lui le accuse che solitamente egli rivolge ad altri. L’ha usata ieri Michele Serra nella sua Amaca quotidiana su Repubblica. Partendo dalle parole pronunciate da Giorgia Meloni nel corso di un comizio, egli ha individuato in esse lo stesso modo di ragionare della tanto da destra vituperata cultura woke.

Insomma, una Meloni e una destra campioni del politicamente corretto semplicemente ci mancavano! Superato l’imbarazzo che si ha già solo a leggere una siffatta tesi, è opportuno seguire il discorso di colui che fu un tempo direttore di Cuore, una rivista produttivamente dissacrante (e autodissacrante) che oggi a sinistra sarebbe letteralmente impossibile. Cosa sarebbe mai l’insistenza, si chiede Serra, con cui il primo ministro giudica irrilevante essere chiamato “il” presidente o “la” presidenta, ove la seconda espressione sarebbe sicuramente un errore grammaticale, da matita blu, essendo il termine presidente un partecipo presente che regge di necessità l’articolo di riferimento? Quindi “il” o “la” presidente, a seconda dei casi.

«Una donna che pretende di farsi chiamare il presidente», secondo Serra «ha deciso di deviare dalle regole della lingua italiana per ragioni ideologiche: ed è precisamente quanto le sinistre rimproverano alla cultura woke, stortare la realtà per adattarla al proprio sentimento». Secondo Serra «nessuno avrebbe mai preteso di chiamarla “presidenta”, non essendo così cretini, così caricaturali, le sue oppositrici e i suoi oppositori» (si noti l’accortezza dell’espressione che nella lingua italiana è una inutile ripetizione che contravviene al quel rasoio di Occam che suggerisce di non moltiplicare gli enti senza necessità: il termine “oppositori” è infatti sufficuente indicando per convenzione entrambi i generi).

In verità, basta fare un giro in rete per scoprire che sin dal 2016 l’Accademia della Crusca ha sdoganato il termine “presidenta”, che non è quindi più un errore grammaticale, indipendentemente dal fatto che la decisione possa essere considerata un portato del politicamente corretto (tanto che Laura Boldrini, allora presidente della Camera, a ragione dal suo punto di vista, celebrò la decisione degli illustri accademici).

Ove sarebbe, allora, l’errore della Meloni? Più radicalmente bisognerebbe però notare che in questo caso la questione in gioco è la parità di genere e non una presunta correttezza grammaticale: cosa altro sono, ad esempio, gli asterischi se non una scelta ideologica e non di igiene grammaticale?

Ma ancora: siamo proprio sicuri che correggere il linguaggio favorisca la parità? Non è forse una più sottile forma di esclusione e ghettizzazione del genere femminile? Non andrebbero le persone giudicate singolarmente, per quello che sono e fanno, e non per l’appartenenza a un gruppo o a un genere? Il noto sociologo Frank Furedi, nel suo ultimo libro sulla cancel culture, fa notare che quella sul linguaggio è, all’un tempo, la principale e la più pericolosa delle battaglie woke. Nessuno vuol negare che la lingua possa evolversi con la società e nel tempo. La sua evoluzione dovrebbe però avvenire nei modi e coi tempi “naturali”, spontaneamente, non per una forzatura dall’esterno che evoca gli scenari distopici del 1984 di George Orwell (il quale aveva intuito che chi controlla il linguaggio controlla anche il potere).

Fra l’altro, nel discorso meloniano l’esempio veniva fatto per richiamare alla realtà che c’è dietro le parole o le espressioni, cioè a quanto di meno ideologico possa esserci. Ma vallo a spiegare a chi è in preda al pregiudizio! Un pregiudizio confermato dal fatto che Serra imputa alla Meloni di presumere di essere infallibile, nonché di urlare e non discutere pacatamente durante i comizi. Ma che argomenti sono mai questi? Che c’entrano con la politica? E soprattutto un comizio a voce bassa e dialogante che comizio mai sarebbe? C’è qualcuno che lo ha mai sentito o visto?