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Delrio bacchetta il Pd: "Deve imparare a parlare di sicurezza, migranti e famiglia"

di Elisa Calessivenerdì 21 novembre 2025
Delrio bacchetta il Pd: "Deve imparare a parlare di sicurezza, migranti e famiglia"

5' di lettura

La sinistra, dice Graziano Delrio, ex ministro, oggi parlamentare del Pd, fa fatica a pronunciare alcune parole. Che corrispondono, poi, a problemi che toccano la maggior parte delle persone. Le elenca: «Sicurezza, immigrazione, famiglia. Non dobbiamo avere falsi pudori a pronunciarle». Ne aggiunge un’altra: «Ricchezza».
Delrio è padre di nove figli, nonno di un numero imprecisato di nipoti, ed è geloso della sua domenica in famiglia, a casa, a Reggio Emilia, quel luogo, ci dice, «dove si impara a mediare i conflitti».

Oggi a Bologna si gioca la partita tra la Virtus e una squadra israeliana, il Maccabi, bersaglio dei Pro-Pal. Il sindaco Lepore voleva fosse spostata dal PalaDozza o rinviata, ha accusato il ministro Piantedosi di aver usato «i muscoli più che la testa». Cosa ne pensa?
«Penso sia legittimo che un sindaco esprima le sue preoccupazioni. Ma nel momento in cui il ministro dell’Interno garantisce che è in grado di governare la situazione, credo sia giusto fare la partita e non farsi intimidire. Bologna ha una lunga storia antifascista, non ha mai accettato intimidazioni e sa isolare i facinorosi. Non possiamo farci ricattare da frange estreme. Del resto, è inutile continuare a far finta di nulla».

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Far finta di cosa?
«Sta crescendo un clima di odio e intolleranza che le istituzioni devono sapere affrontare. Avendo fatto il sindaco, so quanto è complesso, non mi permetto di suggerire nulla a Lepore. Ha espresso la sua opinione, il ministro dell’Interno ha garantito di mantenere l’ordine. Sul dove, è un accordo tra loro due. Ma se Piantedosi ha detto che si terrà al PalaDozza, è giusto che si tenga lì».

Torniamo al clima di violenza. In questi mesi si è manifestato soprattutto nei cortei Pro-Pal. C’è fatica, a sinistra, a prenderne le distanze. Perché?
«La critica al governo di Israele è legittima, come hanno dimostrato le manifestazioni a Tel Aviv in questi anni. Figuriamoci se non si possono criticare ministri con tratti fascisti e l’operato di Netanyahu. Nessun italiano con un po’ di sale in zucca, però, può pensare che i crimini commessi da Netanyahu siano imputabili ad atleti o a ebrei che vivono in Italia. Invece, purtroppo, assistiamo al crescere di questi atti violenti. C’è stato un aumento del 400% degli atti di antisemitismo. Un italiano ebreo non può indossare simboli religiosi senza rischio. Questo è gravissimo. Quando una persona non può esercitare il diritto di essere se stesso, è la democrazia a essere in pericolo».

Ma perché a sinistra si fatica a condannare questi atti?
«La posizione del Pd è molto chiara. Le persone che vanno in strada a sfasciare le vetrine, a intimidire passanti, vanno condannate. Ho presentato un emendamento per far rimanere libere le università di promuovere incontro e dialogo. Il Pd non ha niente a che fare con chi violentemente tenta di impedire dibattiti in università. Da queste persone la distanza è netta, senza “se” e senza “ma”. E non credo facciano nemmeno il bene del popolo palestinese».

Poi c’è la violenza delle città. Ultimo episodio l’accoltellamento a Milano di un ventenne a opera di ragazzi. C’è un problema sicurezza o è una percezione, come spesso si dice a sinistra?
«I dati dicono che bisogna essere molto attenti al tema della violenza. E anche al linguaggio di odio che circola in Rete, in cui i giovani sono immersi. Quando si tollera il linguaggio di odio, il rischio è che si passi alla violenza. Anche per questo ho presentato un progetto di legge contro i contenuti antisemiti in Rete. Nel momento in cui le famiglie si riducono, ai giovani manca un luogo dove imparare a mediare i conflitti».

Non crede che a sinistra ci sia difficoltà a parlare di sicurezza?
«La segreteria del Pd in questi giorni ha parlato in maniera molto chiara di sicurezza, con chi affronta questo tema tutti i giorni, i sindaci. Sicurezza è una parola di cui la sinistra non deve avere paura. Come della parola immigrazione. Deve avere proposte che non scimmiottano la destra. Ma è chiaro che ai cittadini il tema sta a cuore. Ognuno di noi, per la sua famiglia, vuole un ambiente sicuro. Non si può vivere serenamente se c’è paura ad uscire la sera. Parlarne non può esser tabù. Queste domande vanno prese sul serio e non derubricate alla non comprensione dei fenomeni».

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Come quando si dice che è un problema di “percezione”?
«Quando un bambino si sveglia urlando perché ha fatto un incubo, un genitore va da lui, anche se la paura non è reale. Non bisogna sottovalutare nulla. Chiaro che poi la sicurezza è un compito non dei sindaci, ma del governo».

Ci sono altri problemi che il Pd fatica a guardare?
«L’immigrazione. Per essere un’alternativa credibile dobbiamo immaginare proposte credibili su questo. La Bossi-Fini non funziona. Degli ingressi che servono a gestire ristoranti e a far funzionare le fabbriche ne arriva solo il 10%. L’immigrazione regolare deve diventare una delle parole d’ordine del centrosinistra».

Un’altra parola da recuperare?
«Famiglia, parola a cui tengo molto. C’è una crisi demografica senza precedenti. Bisogna aiutare i giovani a trovare una casa, ad avere un lavoro meno precario. Dare un sostegno a chi fa un figlio. Perché è una ricchezza per tutti. La parola famiglia va pronunciata senza falsi pudori».

È per queste parole rimosse che il Pd è votato più dai benestanti che dal popolo?
«Il Pd è votato da tanti settori. Ma va recuperata certamente una capacità di parlare a tutta la società, non solo dal punto di vista del reddito e dell’istruzione. Su queste tre parole, sicurezza, immigrazione, famiglia, insieme alla bellezza del fare impresa, del produrre ricchezza, dobbiamo ripartire».

Ricchezza. Altro tabù a sinistra.
«Se un giovane prova a intraprendere una cosa nuova, va aiutato. L’imprenditore, il libero professionista sono persone che costruiscono lavoro».

Le piace Zhoran Mamdani, nuovo sindaco di New York?
«Mi piace che abbia suscitato molto entusiasmo. Le persone si aspettano che li aiuti nella cosa a cui tengono di più, il caro vita. Sono preoccupato dal fatto che ha creato tante attese. Io sono diverso. Non sono massimalista, prometto solo quello che riesco a mantenere. Ho paura quando uno promette cambiamenti radicali. Perché so, per esperienza, che quando si fa il sindaco le cose cambiano lentamente».

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